Winter Circle

14 songs

Written, composed and produced by Benedetta Gaggioli aka Beta Libre

Coproduced by Riccardo "Rick" Landi

Mixed and mastered by Andrea Benassai


Instruments: Moog Sub 37, Moog Grandmother, Rhodes piano, Galanti organ, Yamaha Motif, ethnic percussions, Arturia drumbrute


ITA Un ciclo di canzoni, a tratti oscuro, a tratti infantile, sicuramente invernale...

Il titolo è ispirato al famoso ciclo di lieder di Schubert (Winterreise ossia Viaggio d’inverno) ma invece di essere un viaggio, il mio è un ciclo, è qualcosa di circolare e cangiante, che torna come le stagioni, come il ciclo dell’acqua e della morte e della rinascita.

Ripercorre le tappe del mio viaggio nell’oscurità, nelle stagioni tormentate della mia vita, partendo dall’infanzia e arrivando a immaginare cosa ci sarà dopo questa esistenza. 

Durante il percorso: buio e freddo, traumi e perdite, frammenti di luce e di sogni, un’incessante ricerca della felicità.

Un percorso complesso, intimo, introspettivo.


La voce è la protagonista: si moltiplica, si somma, forma incastri celestiali o dissonanti, si fonde con ciò che la circonda. 

È sporca ed eterea, è il mondo emozionale con tutti i suoi contrasti.

I suoni che la accompagnano sono rozzi o morbidi, elettronici o liturgici. 

A volte sono suoni della natura e percussioni rudimentali. 

È un album lisergico, oscuro, introspettivo, sperimentale, elettronico.


Il percorso dell’album attraverso i brani: 

il potere dell’immaginazione e la felicità dell’infanzia, ricordata con malinconia (Childhood); l’insicurezza apparsa durante l’adolescenza ma sempre presente, l’ansia e la difficoltà a mostrarsi, a interagire (Insecure); la scoperta dell’oscurità come rifugio solitario e come madre di ogni dolore (Darkness); il piacere, il desiderio di emancipazione e la scoperta dell’incontro con altri corpi e coscienze (Enjoy); la malinconia struggente dell’inverno e la musica che culla e consola (Winter); la scoperta dell’empatia e la consapevolezza del dolore che ci circonda, soprattutto quello degli animali privati della vita e della libertà (Nightmare); la realizzazione che la chiave della felicità è nelle nostre mani e che non possiamo trovare altrove la speranza per andare avanti (Hope); la potenza salvifica del femminismo e della sorellanza in risposta a oppressione e molestie (Matriarchy); la connessione con la natura e il desiderio di essere come acqua, selvaggia, resiliente e indomita (Water); la vita come sperimentazione e struggimento, continua irrequietezza e inspiegabile decadenza (Decadence); il dolore straziante della perdita di una persona cara, la sensazione di vuoto e lo straniamento (Lost); riuscire a trovare pace e felicità nella solitudine, andare in profondità e vedere il lato positivo di ogni cosa (Solitude); l’intensità degli ultimi sguardi, l’amore che cerca di sconfiggere la morte e un addio inevitabile (Turn); il caos onirico di una ipotetica realtà successiva a questa vita (Afterlife).

ENG A song cycle, sometimes dark, sometimes childish, definitely wintry...

It traces the stages of my journey through darkness, through the troubled seasons of my life.

Darkness and cold, trauma and loss, fragments of light and dreams, 

a relentless search for happiness.


My voice is the protagonist: 

it multiplies, it adds up, it forms celestial or dissonant harmonies, it melts with its musical surroundings.

It is dirty and ethereal, it represents my emotional world with its contrasts.


The sounds that accompany my voice are rough or soft, electronic or liturgical. 

Sometimes nature sounds and rudimentary percussions.

La prima tappa del viaggio: una dolce passacaglia sull’infanzia, dal sapore barocco. Incita a rimanere bambini, a guardare il mondo sempre con occhi nuovi e pieni di stupore. Parla del potere della mente di viaggiare e creare un mondo immaginario dove tutto è possibile e colorato. Un'infanzia felice, popolata di animali amichevoli e colorati che spuntano in un bosco nebbioso. Innocente, spensierata. 

È un brano avvolgente, morbido e malinconico. È rosa, celeste, pieno di sfumature pastello e annebbiato come un ricordo.

"L'infanzia alla quale ripenso con malinconia, alla quale vorrei sempre tornare perchè mi sentivo pienamente appagata: sola, con la mia fantasia come unica compagna. Vagavo, vivevo avventure intrepide, mi immaginavo storie e le vivevo come fossero reali, cantavo sempre e ogni cosa era cangiante e mutevole."


Un pezzo pop sull'insicurezza che rende ogni passo difficile, sulla paura di farsi avanti, di mostrarsi per ciò che siamo, di non essere compresi o trattati senza rispetto. Allo stesso tempo rappresenta la paura di ferire le altre persone con i propri giudizi, di dire la parola sbagliata, consapevoli della responsabilità di ogni scelta. 

È viola, grigia, nebbiosa, un po’ fastidiosa e un po’ consolante.

"È l’incertezza che mi accompagna sempre, ad ogni passo, ad ogni parola parlata o cantata. È l’ansia che mi logora, è il sentirmi diversa, strana e nuda, continuamente esposta ai giudizi altrui. È la difficoltà di impormi, di far sentire la mia voce e guardare negli occhi chi mi circonda."


Un quadro gotico sull'oscurità interiore che è un caro rifugio difficile da gestire.

Parla anche del desiderio di avere compagnia perfino nei luoghi più inaccessibili del nostro essere, nella nostra intimità più nascosta.

Influenzato da Nico e dal suo album Desertshore.

È un brano ripetitivo e ipnotico, con uno sviluppo finale avvolgente e disturbante. È ovviamente nero ma con un barlume di fiamma.


"Rappresenta il mio desiderio di accettare anche le mie parti più cupe e quello di imparare a nuotare nelle mie profondità più buie.

È anche un invito a far parte della mia oscurità e a farmi compagnia nel mio utero di lacrime e sangue. "



Ballabile ed energica, sul piacere libero e condiviso, sui corpi sudati e sui desideri viscerali.

È voglia di umori, vicinanze, al di là dei limiti imposti. Desiderio di contatti bagnati, autentici, veri.

Un’esortazione a prendere il controllo del proprio corpo e del proprio desiderio. 

È rosso intenso, è una mela succosa, è dance e pop ma in modo sintetico e inusuale.


"Per me è una specie di rivalsa per tutte le molestie che ho subito, un'affermazione di scelta forte. Finalmente sono io a decidere, chiamare e quasi ordinare. Ho il potere di godere e di far godere."



Una ninnananna, un abbraccio, il conforto di cui abbiamo bisogno durante l’inverno. 

Perché l’inverno è mancanza, malinconia, freddo, desolazione. È il bianco della neve e la sua innocenza.

È un brano ripetitivo, essenziale, dal sapore infantile. 

Le percussioni sono ottenute percuotendo e strofinando l’ukulele e schioccando la lingua.


"Tante volte mi sono chiesta cosa mi manca durante l’inverno: il sole, gli amori passati e persi, la speranza, la motivazione, il calore e la luce. Languisco nella mancanza e faccio fatica ad essere attiva e vivace."


Un incubo reale, un urlo per la libertà di ogni essere senziente.

Parla dell’empatia, del sentire il dolore altrui come il proprio. Soprattutto degli animali non umani che sono privati della libertà e della propria vita. 

È un brano nero e bianco, catene che stringono, mani che afferrano, cuori che battono all’unisono.


"Parla del mio sentirmi impotente e straziata. Capisco il dolore altrui, lo sento nel profondo, le loro urla sono anche le mie. Perchè tutti desideriamo la stessa cosa: la libertà."



Un frammento di speranza, l’incessante ricerca della felicità nell’intricato caos della vita quotidiana. La consapevolezza che, nonostante tutto, possiamo avere speranza perché la chiave della felicità è nelle nostre mani e funziona, ci apre porte di consapevolezza e gioia inattese. Ma è una lotta continua, a volte estenuante: è difficile ricordarsi che esiste il modo per godersi il presente ed essere felici, senza scoraggiarsi e perdersi nei problemi.

Influenzato dai Portishead, trip hop, musica trance ed etnica.

È un brano ipnotico, con una parte luminosa prima dell’ultimo ritornello. È giallo, verde, con sfumature confuse.


"Rappresenta il mio disagio giornaliero nel trovare motivazione e volontà, ma anche la consapevolezza che la chiave della mia felicità è nelle mie mani e non posso trovarla altrove. Per me è stata una scoperta essenziale in questi ultimi anni e per questo ringrazio la meditazione."


È un inno al femminismo intersezionale, un invito ad una forte presa di coscienza. 

Verso una rivoluzione inclusiva, verso una società dove possiamo essere finalmente libere dal patriarcato e da tutto ciò che ne consegue. 

Streghe e sorelle, sante e puttane, lupe selvagge e umane discriminate: siamo diverse ma simili e l’importante è unirci e lottare in questo mondo che ci vuole divise e nemiche.

Influenzato da Peaches, synth punk, electroclash, disturbante, dissonante. È rosso, nero, graffiante.


"Raccoglie la mia rabbia e il mio desiderio di sorellanza. Dopo le discriminazioni e le molestie subite sento la necessità di risorgere e insorgere insieme a coloro che mi circondano. L’ho scritto per rivalsa, per sentirmi di nuovo forte e padrona della mia vita."



Un brano sperimentale e benefico, un inno alla natura e alla sua forza ispiratrice.

Parla dell’acqua che tutto può e tutto rappresenta. È un mantra che ricorda di fluire, di essere sempre selvaggi e indomabili. Un’affermazione di forza e di vitalità. 

Un po’ new age e sperimentale, con variazioni di tempo e mood.

Segue il ciclo dell’acqua: all’inizio c’è il suono di un piccolo ruscello registrato in montagna, poi di un ruscello grande e impetuoso e di una cascata, infine c’è il suono delle onde che si infrangono dolcemente su una spiaggia di sassolini registrato sull’isola d’Elba.

È azzurro e in continuo movimento, a volte dolce e a volte frenetico.


"Per me è un brano particolarmente legato al benessere. L’ho scritto per ricordarmi che sono più forte di quello che penso, che posso sempre sentirmi libera e che l’essere selvaggia fa parte della mia natura. Vado bene così, sono abbondante e resiliente."



Un brano elettronico dalle atmosfere notturne e cyberpunk, influenzato dalle sonorità di Bjork e Ryuichi Sakamoto. Il titolo è ispirato a Tokyo Decadence, un film di Ryū Murakami.

La vita è vista come una continua sperimentazione, dove si può solo errare senza certezze o destinazioni, sentirsi irrequieti e allo stesso tempo incapaci di muoversi. Un pezzo misterioso, minimale, notturno e ambiguo.

Musicalmente il pezzo è basato su una linea di basso che si ripete quasi sempre uguale, con il sintetizzatore che varia il timbro e le sonorità. Nel ritornello si aggiunge il piano Rhodes e una sequenza ritmica rallentata, dall’effetto strascicato. La voce è usata come uno strumento in varie parti vocalizzate che aggiungono colore all’armonia, mentre nelle strofe e nel ritornello le voci si sommano.


"Parla della lotta alla sopravvivenza quotidiana in una società rigida e apparentemente libera, in un tunnel senza scelta, in una trappola mentale forse autocostruita. Non resta che languire e struggersi tra le domande senza risposta, resistere, proseguire e assecondare ciò che ci appare perverso e senza senso. Parla del mio essere selvaggia, ribelle ed errante."


Un'elegia funebre, densa di sofferenza. Vuoto e disperazione. Sentirsi completamente persi, in un bosco gelido; il senso di disfatta e l’incapacità di vedere un senso.  Vagare, alla ricerca di chi abbiamo perso, sussurrando il suo nome, urlando la sua mancanza e supplicando di sentire ancora la sua voce.

Ci sono influenze dei Cranberries (Daffodil Lament) e di Lingua Ignota, un po’ folk nelle strofe, molto sintetica nel ritornello, con urla disperate nella coda finale. È un brano grigio, nero, a tratti nebbioso e a tratti ruvido e graffiante.


"È il brano più doloroso del mio album, nonché l’ultimo che ho scritto e registrato mentre il mio compagno più caro era in ospedale in terapia intensiva. L’ho fatto di getto, tra lacrime, urla e momenti di invocazione e speranza. Per mesi non ho voluto riascoltarlo e cantarlo ai live è straziante (ma anche benefico)."


Un pezzo intimo e delicato sulle gioie e i dolori della solitudine. La mancanza che si trasforma in pace. 

Una scelta subita e sofferta che si trasforma in dono. La malinconia che si trasforma in gioia. 

La capacità di vedere l’abbondanza anche quando ci si sente persi. La profonda solitudine che tutto cura.

Un pezzo semplice, essenziale, ma emotivamente intenso.

È celeste, giallo, avvolgente, un abbraccio dato a se stessi.


"Per me è molto significativo: ho sempre bisogno di rifugiarmi in me stessa per elaborare ciò che accade, guarire e trovare la pace (come nella coda finale del pezzo)."


Un pezzo gotico e onirico su un inevitabile addio.

Ispirato alla storia di Orfeo ed Euridice, parla di un amore che cerca di sconfiggere la morte, del potere del canto e della musica, di ultimi sguardi ineluttabili e di tentativi estremi. Rappresenta l’impossibilità di trattenere ciò che deve andare, la vita che scivola via nonostante il nostro desiderio di restare ancorati ad essa.

È oscuro, violaceo, bluastro, pieno di sfumature cangianti. 

È elettronico, pulsante e lisergico.


"Parla anche di una mia relazione passata, delle follie che ho fatto per farla resistere a tutte le difficoltà, della sofferta rassegnazione dell’addio che ho dovuto pronunciare e di quell’ultimo profondo sguardo che ci siamo scambiati. 

Orfeo scende negli inferi per riprendersi la sua amata, poi si volta a guardarla e la perde per sempre. Io sono come lui, perdo coloro che amo, nonostante i miei sforzi."



Un'improvvisazione metafisica e onirica e una riflessione sulla vita dopo la morte.

È la fine di tutto ed è un nuovo inizio. Resurrezione o reincarnazione. Nuvole e cielo. Speranza e dolore. 

Una nuova vita, forse. Un specie di paradiso, forse. Stupore e sorpresa, cambiamenti, caos e la vita che sempre ribolle.

Non ci sono certezze, ma c’è qualcosa di bello e etereo che ci aspetta e il canto del gallo che ci sveglia dal sonno profondo.


"Per me è la speranza di incontrare di nuovo chi ho perso, di continuare in qualche modo a vivere, sebbene in una forma e in un luogo diversi. È la luce e il caos di una novità sconvolgente. È vapore che avvolge, scompare e riappare."

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