25/04/25 New review of RESURRECTION on ILLUSTRATE MAGAZINE
This is an extract:
Bold, visceral, and unflinchingly raw, “Resurrection” marks a stunning return for Beta Libre, an artist unafraid to push sonic and thematic boundaries. The Tuscan composer and producer channels the elemental forces of nature, femininity, and rebellion into a darkly hypnotic track that feels like a ritual awakening. From the first seconds, Resurrection engulfs listeners in a brooding, cinematic atmosphere, thick with foreboding and fire. The production leans into Beta Libre’s signature blend of electronica, avant-pop, and industrial trip-hop, pulsing with Moog synths and distorted samples that rumble like ancient machinery.
Her voice—deep, commanding, and deliciously defiant—cuts through like a ceremonial chant. She declares, confesses, and incants. The delivery is slow, sensuous, and spoken-word-like at first, layered with growing power until the track becomes a sonic incantation. The beat drops with fierce momentum, pushing the song into a sharp-edged rhythm that flits between darkness and liberation.
Lyrically, Resurrection reads like a feminist manifesto wrapped in mysticism. The menstrual cycle is reimagined as sacred, echoing death, rebirth and divine endurance. Lines like “I act instead of wishin’, I fight instead of prayin’” and “My religion is my body so I have faith” takes the space unapologetically and with poetic force.
Beta Libre’s baroque past subtly lingers in the haunting drama of the arrangement, but it’s her future-forward sound design and radical vulnerability that make this track stand out. Drawing inspiration from artists like Peaches, Myss Keta, and FKA twigs, she carves out a sound uniquely her own—spiritual, gritty, and primal. Listen to the song on Spotify.
18/04/25 È uscito il nuovo singolo: RESURRECTION
Registrato e arrangiato da Beta Libre, coprodotto e mixato da Rick Landi, il brano fonde hip-hop, rap e sperimentazione elettronica, evocando l’energia cruda di Peaches e l’intimità ipnotica di FKA twigs. Oscuro ma ironico, sacro e irriverente, si muove su sintetizzatori Moog e campionamenti distorti, intrecciando ritmiche ipnotiche e liriche affilate per creare un’esperienza viscerale e magnetica.
Un viaggio sonoro che esplora la ciclicità della morte e della rinascita, profondamente connesso al ciclo mestruale. Il sangue diventa simbolo di potere, resistenza e trasformazione, un legame mistico con la natura e le sue forze primordiali. Il brano è un atto di riconciliazione con il corpo e i suoi ritmi, un’invocazione alla libertà e alla consapevolezza. È al tempo stesso confessione e grido di battaglia, celebrazione e ribellione.
Con un testo che onora la sacralità del corpo e la potenza della femminilità, questa canzone è un manifesto di sorellanza e di connessione con le forze elementari. Un inno alla resistenza e alla capacità di rinascere, ancora e ancora.
“Non ho più paura. Sono fiera. Agisco, lotto, non aspetto più.
Sono pronta a brillare di una luce ribelle e solo mia.
Mi sento connessa con gli elementi della natura e con le mie sorelle.
Ascolto il mio corpo, ho fiducia nel suo potere di risorgere, nella mia capacità di resistere.” – Beta Libre
28/03/25 Il 18 aprile esce il nuovo singolo: RESURRECTION
Beta Libre annuncia l’uscita di un nuovo singolo: un rituale sonoro di ribellione, rinascita e forza ancestrale.
Registrato e arrangiato da Beta Libre, coprodotto e mixato da Rick Landi, il brano fonde hip-hop, rap e sperimentazione elettronica, evocando l’energia cruda di Peaches e l’intimità ipnotica di FKA twigs. Oscuro ma ironico, sacro e irriverente, si muove su sintetizzatori Moog e campionamenti distorti, intrecciando ritmiche ipnotiche e liriche affilate per creare un’esperienza viscerale e magnetica.
Un viaggio sonoro che esplora la ciclicità della morte e della rinascita, profondamente connesso al ciclo mestruale. Il sangue diventa simbolo di potere, resistenza e trasformazione, un legame mistico con la natura e le sue forze primordiali. Il brano è un atto di riconciliazione con il corpo e i suoi ritmi, un’invocazione alla libertà e alla consapevolezza. È al tempo stesso confessione e grido di battaglia, celebrazione e ribellione.
Con un testo che onora la sacralità del corpo e la potenza della femminilità, questa canzone è un manifesto di sorellanza e di connessione con le forze elementari. Un inno alla resistenza e alla capacità di rinascere, ancora e ancora.
“Non ho più paura. Sono fiera. Agisco, lotto, non aspetto più.
Sono pronta a brillare di una luce ribelle e solo mia.
Mi sento connessa con gli elementi della natura e con le mie sorelle.
Ascolto il mio corpo, ho fiducia nel suo potere di risorgere, nella mia capacità di resistere.” – Beta Libre
24/01/25 Recensione su Expansion Radial (in spagnolo)
Beta Libre nos envuelve en su oscuro y enigmático universo musical con Decadence. Este sencillo forma parte de su primer álbum, Winter Circle, una obra que refleja las emociones más crudas y auténticas de la vida.
Sigue acá la reseña:
https://www.expansionradial.mx/beta-libre-decadence-trip-hop/
by Oliver Zurita
20/12/24 Intervista su Onda Musicale, "Beta Libre: psico-punk a forma di pop"
“Winter Circle” è il lavoro d’esordio di Benedetta Gaggioli in arte Beta Libre.
L’andatura è quella di uno shoegaze che però cerca dentro soluzioni dal rock distopico, forme accattivanti di pop. Archiviato questo minestrone di etichette vi invito all’ascolto di “Winter Circle”, lavoro d’esordio di Benedetta Gaggioli in arte Beta Libre. E se quella Madonna di “Frozen” è sempre li a due passi a fare ombra su queste scritture, è anche vero che siamo di fronte all’ennesima ricerca di suoni e modi che prescindono dal solito indie italiano. Beta Libre libera (o istituzionalizza) le maschere che ognuno ha di se. Fa di conto con la verità e dal suo canto lirico (studi classici alle spalle), chiede sempre alla voce di regalare quelle sensazioni quasi fossero mantra spirituali per dare alla vita una potenza visionaria decisamente più affascinante.
È un esordio che segna quale verità? Beta Libre o Benedetta Gaggioli? Chi vuoi essere per davvero?
Vorrei poter essere un’entità cangiante e autentica in tutte le sue sfumature, senza etichette, senza nomi, senza generi. Solo un’animale che ha bisogno di cantare e di esprimersi creativamente. Nella realtà devo adeguarmi e distinguere identità e percorsi diversi, per essere più facile da comprendere e catalogare… ma, sebbene sia stato pubblicato a nome di Beta Libre, il mio album d’esordio contiene verità che mi appartengono totalmente, elaborazioni di esperienze che fanno parte del mio passato e che continuano ad influenzarmi. Risuona in ogni parte di me.
Che rapporto hai con il tuo corpo? Pensando a “Decadence”…
In passato ho avuto un rapporto conflittuale con il mio corpo. Non era come volevo, non sapevo come gestirlo, cosa farne, e a volte lo maltrattavo… probabilmente anche perchè sono sempre stata una persona non binaria e queer. Vivere certi ruoli e doversi adeguare ad essi anche nell’aspetto fisico, nell’atteggiamento quotidiano, mi è rimasto difficile. Adesso mi sento più libera: di vivere il mio corpo nei modi che preferisco, di travestirmi e svestirmi, di gestirmi senza pensare tanto ai giudizi altrui… e ho scoperto anche una piacevole gratitudine per tutto ciò che questo corpo mi permette di vivere.
E con l’infanzia? Pensando a “Childhood”…
Ho amato quel periodo Mi rifugiavo nella mia immaginazione, facevo avventure nella natura con le amiche, inventavo giochi, canzoni, storie… ero felice, soddisfatta e mi bastavo. Per questo in “Childhood” parlo dell’infanzia con malinconia e dolcezza. È la stagione alla quale vorrei tornare, la stagione della creatività, dello stupore, dell’entusiasmo della scoperta, della fantasia che crea mondi fantastici e variopinti nei quali immergersi.
E poi con la critica sociale… pensando a “Matriarchy”…
La critica sociale per me è inevitabile. Sono molto sensibile alle discriminazioni di ogni specie e cerco sempre un senso di giustizia sociale. Ovviamente il femminismo mi sta particolarmente a cuore perchè ogni giorno vivo le conseguenze del patriarcato ma credo profondamente in un femminismo intersezionale, quindi collegato alle lotte per il rispetto e la libertà di ogni individuo (quindi antifascismo, antispecismo ecc). Credo in una sorellanza che va al di là delle differenze culturali e di specie, in una società più libera e allo stesso tempo più responsabile… in diversi dei miei pezzi ci sono accenni di questo mio pensiero. “Matriarchy” è quello più esplicito, è il bisogno viscerale di urlare, evolvere internamente e portare un cambiamento positivo anche all’esterno.
Per te cosa rappresenta davvero il “Winter Circle”? Un circolo vizioso o una confort zone?
È un circolo di emozioni, un conforto alla durezza dell’inverno, un racconto di oscurità e frammenti di luce. Per me è la difficoltà di accettare i continui cambiamenti, l’impermanenza di tutto ciò che provo e mi accade… e allo stesso tempo quella rassicurante consapevolezza che le stagioni scorrono e ritornano, che ogni gioia che finisce prima o poi tornerà in qualche altra forma.
E per Beta Libre la bellezza sta nel muoversi dentro o fuori la zona di confort?
Beta Libre è esplorazione e libertà. È nata per esprimermi in un modo nuovo e personale; quindi, sicuramente per me ha rappresentato una coraggiosa uscita dalla mia zona di confort, una scelta forte e difficile che ha incontrato diverse perplessità iniziali vista la mia carriera da cantante lirica…
Te lo chiedo perché tutto questo disco, per quanto una rivoluzione di stile dal suo studio classico, è comunque compatto dentro una sua zona di comfort… non trovi?
Sì, hai pienamente ragione. È stata una rivoluzione per me… ma allo stesso tempo mi ha permesso di ritagliarmi un nuovo spazio dove potermi sentire sicura, dove poter esplorare liberamente ma sempre tra confini chiari, componendo con synth e voci tra le mura nel mio piccolo studio casalingo. È sicuramente un disco compatto come intento, come stile, come strumenti e percorso sonoro.
29/10/24 Intervista su Emozionienozioni, Beta Libre: "Sto lavorando intensamente al mio prossimo album"
Annunciamo che abbiamo avuto il privilegio di intervistare Beta Libre, un’artista toscana di grande talento, il cui nuovo singolo “Enjoy” è destinato a scuotere le coscienze ea rimanere impresso nell’immaginario collettivo. Con una carriera che affonda le radici nella musica classica e si evolve verso l’elettronica contemporanea, Beta Libre ci offre una prospettiva unica e audace, sfidando i confini delle convenzioni sociali attraverso il suo sound distintivo. Nel suo brano, Beta Libre esplora temi di desiderio, libertà e autoaffermazione, trasformando la sua esperienza personale in una potente dichiarazione artistica. “Enjoy” non è solo un pezzo musicale, ma un manifesto di rivalsa e di emancipazione, che invita a vivere le relazioni in modo autentico, lontano dalle imposizioni del cis-etero-patriarcato. Beta Libre ha condiviso con noi le sfide e le ispirazioni che hanno guidato la creazione di questo singolo.
Il tuo nuovo singolo “Enjoy” affronta tematiche complesse e profondamente rilevanti, come il desiderio e la libertà personale. Come sei riuscita a tradurre in musica questi concetti così viscerali e al tempo stesso così universali, creando un brano che tocca le corde dell’anima con un’energia elettronica così avvolgente?
Intanto ti ringrazio per le tue parole! In realtà non saprei spiegare chiaramente il processo mentale che mi ha portato ad “Enjoy”… So solo che volevo un brano che mi facesse sentire bene con il mio corpo, circondata da un’aura di desiderio e libertà, sicura di me, forte. Un brano che mi trasferisse energia, voglia di vivere e di godere a pieno ogni momento. Sentivo di avere bisogno di tutto questo, dopo le molestie che ho subito negli anni, le discriminazioni e le difficoltà legate al mio percorso relazionale e di genere, e anche dopo il periodo di grande chiusura della pandemia.
L’influenza di artisti come Bjork e Peaches, accanto a icone come Donna Summer e Prince, è percepibile nel tuo suono unico e innovativo. Come sei riuscita a fondere queste sonorità in un pezzo che è al contemporaneo una celebrazione della libertà individuale e un manifesto femminista?
In realtà le influenze le ho comprese quando ormai il brano era fatto. Non mi sono ispirata a nessuno in particolare… ma stimo enormemente Bjork per tutto ciò che fa e adoro l’energia femminista e sfacciata di Peaches. Sentivo che il brano doveva essere profondamente elettronico, travolgente, senza però adeguarmi a canoni pop, ma restando libera di esprimermi nel mio linguaggio personale.
“Enjoy” non è solo una canzone, ma una dichiarazione di rivalsa e autoaffermazione. Come pensi che il tuo percorso personale abbia plasmato la tua visione della musica?
Sicuramente i miei studi classici (e non solo) mi hanno fatto riconoscere la musica come un potentissimo mezzo espressivo, in tutti i suoi generi e stili. Ma in verità fin da piccolissima ho sempre avuto un grande bisogno di sfogarmi e di tirare fuori quello che provavo per elaborarlo ed esorcizzarlo e la musica è stata una vocazione spontanea. Ricordo molto bene quando a 7 anni scrivevo le prime canzoni e mi servivano per legittimare le mie emozioni e i mondi fantastici che creavo nella mia mente. È stato naturale continuare a farlo e usare i miei brani anche per autoaffermarmi e trovare un mio posto nel mondo.
Il modo in cui utilizzi la voce come strumento in “Enjoy”, insieme all’uso sapiente dei sintetizzatori e della drum machine, crea un’atmosfera sonora unica. potresti approfondire il processo creativo dietro queste scelte stilistiche e come hanno contribuito a dare vita alla potente narrativa del brano?
L’idea di base è stata immediata e spontanea: volevo un synth che pulsasse di vita durante tutto il brano, un basso avvolgente e profondo, una voce molto aperta e libera, delle voci che si rispondono (perchè è un invito, non parlo solo a me stessa), alcuni temi strumentali che si ripetono, un finale più esplicito e con la voce che scende. Ho registrato subito una bozza nel mio studio casalingo, ho scritto il testo, ho fatto le voci (l’idea di usare la voce come uno strumento con vocalizzi e sillabe ripetute mi sembrava troppo assurda e invece poi mi sono piaciute), ho cercato di trovare una struttura che funzionasse e raccontasse efficacemente quello che volevo esprimere. Infine ho chiesto a Rick Landi di aiutarmi ad aggiungere un arpeggiatore nella seconda parte e una parte percussiva, con la drum machine, che si incastrasse bene con le linee che avevo già creato…
Con “Enjoy”, affronti tematiche come la sfida ai confini imposti dalle norme sociali. Quale messaggio speri di trasmettere a chi ascolta il tuo singolo?
Libertà. Di esplorare i propri desideri. Di vivere le relazioni e tutte le forme d’amore in modo personale e consapevole. Di esprimersi attivamente invece di subire le scelte altrui. Di godere di ogni piccola cosa, di essere allineate con i nostri bisogni e in contatto con il proprio corpo. Di ascoltare la propria voce autentica invece di adeguarsi passivamente alle norme sociali che ci dicono di essere persone forzatamente etero, binarie, monogame, ecc…
Progetti futuri?
Sto lavorando intensamente al mio prossimo album… spero di riuscire presto a finirlo (non è facile, perchè continuano a spuntare nuove canzoni) e pubblicarlo a primavera. Non vedo l’ora di condividere la mia nuova musica, ma mi sto godendo il processo creativo… amo scrivere, buttare giù nuove idee, registrare, arrangiare e dare una forma a ciò che immagino!
28/10/24 Intervista su Soundcontest: "Beta Libre: una solitudine creativa in continua trasformazione”
Eccola Benedetta Gaggioli, cantante lirica che qui rivede piani e stili e si maschera (o si mette a nudo) dentro le derive digitali di Beta Libre e di questo synth pop dai modi gotici, epici, cyberpunk a tratti. “Winter Circle” poi si colora di numerosi video che troviamo in rete e basta spulciare tra le ispirazioni che sfoggia l’artista pistoiese per capire che dietro c’è una misura puntuale e di dettaglio per ogni cosa che c’è. Ovviamente al centro la voce, precisa, sicura, capace di sfoggiare colori e sfumature mai banali, riesce a muoversi come tra giochi di luce e visioni quasi fantastiche. Capire cosa sia poi l’allegoria di un “winter circle” è un viaggio introspettivo che merita un capitolo a parte. Di certo in questo disco, tra emancipazione personale e violenza di genere, c’è dell’acido romantico contro il perbenismo della pubblica piazza. Il tutto condito con una salsa di glam “berlinese” assai interessante…
Parliamo della produzione. Come ci hai lavorato? Il suono viene fuori da quale sacco?
Principalmente ho lavorato da sola, nella pace del mio piccolo studio casalingo, e penso che il mio suono derivi da numerose influenze, in primis Bjork, Peaches, Nico, i Portishead… A volte avevo idee melodiche e sonore e le sperimentavo con diversi timbri per trovare il colore che avevo in mente. Altre volte improvvisavo liberamente con quello che avevo intorno e a mano a mano uscivano fuori cose che mi risuonavano e che decidevo di utilizzare. Ho preferito usare solo strumenti tangibili, che avevo a casa: un synth Moog, un organo vintage trovato in un mercatino dell’usato, un ukulele, alcuni vecchi tamburi… Poi Rick Landi, coproduttore del mio album, mi ha prestato alcuni dei suoi strumenti (tra cui un piano Rhodes) e successivamente ha aggiunto alcune tracce con altri sintetizzatori e con una drum machine.
Spesso in rete ti trovo in situazioni in duo, con synth e voce. È questa la tua confort zone?
Sì, sicuramente il duo è la situazione in cui mi sento più a mio agio. Perché fare tutto da sola sarebbe impensabile, vista la complessità dell’arrangiamento dei miei pezzi (dovrei usare un pc o una base, ma non mi piace come modalità perché voglio poter improvvisare e avere intorno strumenti reali) ma anche l’idea di gestire una band non mi attrae. Quindi nei live di solito siamo in due e usiamo sintetizzatori, campionatori e una loop station.
Hai mai pensato ad un suono acustico?
Raramente. Perché venendo da una carriera come soprano lirico (quindi ovviamente acustica, spesso in duo con piano o arpa) e avendo studiato strumenti acustici per molti anni… ho sentito la necessità di qualcosa di diverso. Adesso ho trovato una nuova casa tra i suoni elettronici, così ricchi di possibilità timbriche e di sfumature. Ho trovato uno stile e un metodo che mi permettono di essere indipendente e che mi appagano, perlomeno per ora. Ma non escludo di fare qualcosa di diverso in futuro!
E in che modo la lirica accoglie questo tipo di scenario futuristico secondo te?
Per me sono due cose complementari, che si accolgono a vicenda, che si incastrano in un modo personale. Mi sembra una cosa quasi naturale, anche perché mi sono da poco specializzata nell’interpretazione della musica contemporanea, che è sì lirica e tradizione, ma anche libertà, soluzioni innovative e a volte sconcertanti, votate completamente all’espressività.
Ho come davanti l’immaginario di quei film in cui il futuro si palesa dentro nuove forme di preistoria… che ne pensi?
Mi piace questa immagine. Sarà che sono anche un’appassionata di storie distopiche e di fantascienza… ma sì, amo la musica elettronica e certi immaginari futuristici, eppure suono con strumenti analogici e/o vintage e con una vocalità che è vicina al passato, al belcanto storico.
Che poi anche nei video si alternano modi classici di apparire (nei vestiti e nello stile) a scenografie decisamente più allegoriche e visionarie. Chi è Beta Libre?
Sono sicuramente una sognatrice e vivo in un mio mondo complesso, fatto di metafore e simbolismi, di visioni lisergiche e metafisiche. Ma allo stesso tempo sono una persona semplice, chiara e autentica, connessa intimamente con la natura che mi circonda e alla continua ricerca di una maggior consapevolezza interiore. Direi che questo dualismo mi appartiene e lo rivendico con piacere in tutto il mio album “Winter circle”.
16/10/24 Esce DIDO'S LAMENT, una covera barocca
È uscito su tutte le piattaforme di streaming uno dei brani più famosi del periodo barocco, riarrangiato in modo personale ed elettronico da Beta Libre.
Si tratta del Lamento di Didone, l'aria finale dell'opera Dido and Aeneas di Henry Purcell, scritta intorno al 1688. La canta Didone subito prima di uccidersi ed è straziante e meravigliosa al tempo stesso.
Questa nuova versione è sicuramente cupa e disturbante ma anche piena di consapevolezza per ciò che accadrà perchè la morte viene accettata, accolta, è parte di un ciclo doloroso ma inevitabile... per questo si inserisce come chiusura definitiva del capitolo Winter Circle, prima di dare il benvenuto al nuovo album che sarà più luminoso e uscirà durante la prossima primavera!
14/10/24 Intervista su TV24 News: "Beta Libre: il non ordinario di un cyber pop”
Dietro questo moniker Beta Libre troviamo una cantante lirica di scuola classica. Benedetta Gaggioli da una parte sceglie le maschere e dall’altra le rompe. Sono soluzioni entrambe possibili per navigare dentro questo suo esordio dal titolo “Winter Circle” fatto di elettronica e di cyber pop dove la voce, ovviamente dalle impostazioni appena dette, fa da padrone per restituirci un immaginario favolistico che duetta con alcune delle realtà possibili. È un bel suono… un bel progetto… sono momenti seminali...
Hai lavorato molto sull’immagine e sull’aspetto visivo del disco. Posso chiederti perché? Il suono da solo non bastava?
Devo dire che ci tengo all’impatto visivo, soprattutto all’uso dei colori, probabilmente perchè, a causa del mio essere sinestetica, non posso fare a meno di associare la musica a suggestioni visive ben precise. Comunque la ritengo una cosa puramente accessoria e marginale e considero il suono come il centro di tutto. Infatti per far suonare bene il disco e per curare tutte le 14 tracce ho fatto un lavoro immenso che mi è costato tantissime energie e risorse (tra cui due anni di tempo) e ho avuto bisogno di alcuni collaboratori fondamentali (soprattutto Rick Landi, il coproduttore del disco). Per accompagnare la musica con alcune immagini e video, e così presentarmi anche visivamente, in confronto ho fatto molto poco, spesso da sola, a volte con alcuni amici fotografi e videomakers.
Colori accesi e lisergici. Tranne in “Childhood” dentro cui il pastello richiama l’infanzia in qualche modo. Vero?
Esatto. “Childhood” è colori pastello, dolci e delicati. È la luce dell’infanzia con sfumature variopinte. È l’immaginazione che trasporta in mondi fantastici e dai confini indistinti. È una malinconia evanescente ma sempre presente, simile a quella che si trova in “Winter” e “Solitude”. Invece la maggior parte delle tracce del disco hanno colori più decisi e scuri: come “Enjoy” e “Matriarchy” (rosso intenso), “Turn” e “Decadence” (vari tipi di blu), “Darkness” e “Nightmare” (nero e argento), “Insecure” (viola), “Hope” (gialla e verde)…
“Water”: alla fine possiamo dire che è questo il vero cuore del messaggio di questo disco?
Verissimo! Il fluire dell’acqua è un po’ la chiave di tutto il disco e si collega al “circle” del titolo. “Water” è un brano particolare che ho scritto per il mio benessere, per ricordarmi che sono parte della natura e quindi fluida, selvaggia, resiliente. Gli ostacoli ci saranno sempre, ma devo fidarmi di questo flusso costante e imprevedibile, abbandonarmi ad esso, agli sviluppi imprevisti che mi portano avanti e mi fanno evolvere.
Per te cos’è “la circolarità” che inneggi nel titolo? Nella vita quotidiana intendo…
È vivere sapendo che ogni gioia e dolore inizia e finisce e ricomincia in un ciclo costante e sorprendente allo stesso tempo. È vivere nel presente, cercando di godermi ogni momento per quello che è, accettando ciò che viene, ascoltando queste stagioni sotterranee di nascita, morte e rinascita. Quindi, banalmente, accogliere la rabbia e la sofferenza come emozioni transitorie e come fonte di energia e di ispirazione e anche accettare le giornate in cui sono meno produttiva e poco motivata perchè sono parte del percorso, con la consapevolezza che l’entusiasmo tornerà, specialmente se mi ricarico passando del tempo nella natura (di solito nei boschi o nel mare).
A livello sonoro questo disco dove ti sta portando?
Mi ha portato a scoprire un mondo nuovo e ha tracciato un percorso inaspettato in esso. Mi ha permesso di sperimentare libera, senza darmi limiti di generi o etichette. Mi ha fatto viaggiare attraverso territori più o meno oscuri e misteriosi. Mi ha fatto scavare in profondità, tra dubbi e paure, e allo stesso tempo mi ha regalato tanta gioia ed entusiasmo durante l’esplorazione sonora e nella cura dell’arrangiamento. Mi ha fatto scoprire affinità espressive con Bjork, Peaches, Sevdaliza, Nico, Fiona Apple, Portishead… E tuttora mi porta a sperimentare durante i live, riarrangiando in parte i miei brani, dando loro una veste nuova e improvvisando con la loop station e il mio synth.
Strumenti acustici? Ci hai mai pensato? Sempre restando dentro mondi allegorici, sia chiaro…
Amo gli strumenti acustici, infatti in passato ho studiato per molti anni chitarra e pianoforte e provengo da una carriera come soprano lirico. Forse proprio per questo sentivo il bisogno di cambiare, di fare un’evoluzione diversa con questo progetto, approfondendo i sintetizzatori e creando il mio mondo sonoro attraverso le loro voci elettroniche e piene di sfumature espressive. Però non escludo un incontro tra questi due mondi e forse nel prossimo album ci saranno alcuni brani arrangiati diversamente…
10/10/24 Intervista su Bravo!: "Beta Libre: un concetto cantautorale di cyberpunk”
Sarebbe corretto definirlo “cyberpunk” anche se onestamente sono molteplici le derive. Ma etichette a parte, debiti di stili non ultimo il più citato “Frozen” di Madonna (a bandiera di uno stile nel suo lato più estetico), quello di Benedetta Gaggioli è un viaggio introspettivo oltre e dentro le maschere, in un continuo equiilibrio e lotta nella verità di ognuno. Circolarità è una parola chiave, intesa come (a mia lettura) confort zone dentro cui salvarsi. Beta Libre, questo il suo moniker, fa del suono e soprattutto della voce, un vero centro nevralgico per la sua forma narrativa. “Winter Circle” è un esordio interessante, poco italiano, di un cantautorato che comunque dal nostro sacco vien fuori. E noi ci siamo puntuali…
Qui parliamo di canzone d’autore italiana… in senso non propriamente tout court… andiamo anche a latere. Eppure sempre di cantautorato si parla, in merito al tuo disco. Ti senti una cantautrice?
Sicuramente sono una cantante e un’autrice di testi e musica, ma non mi sento pienamente una cantautrice… Forse sento più vicino a me il termine “compositrice”: sono il mondo sonoro e l’atmosfera musicale che occupano più tempo ed energie nel mio processo creativo, infatti mi piace prendermi cura dell’arrangiamento dei miei brani in ogni dettaglio. I miei testi spesso sono brevi e densi di significato, di solito non racconto storie ma esprimo sentimenti, condivido sfumature emotive attraverso la musica che incornicia le parole e le rende vivide e animate.
E quindi, come amo spesso chiedere a tanti: che rapporto hai con la parola?
Per me la parola è suono e significato. È qualcosa di estremamente intimo e profondo che mi permette di usare i colori della mia voce. Mi piacciono i testi brevi, essenziali, con parole o frasi che si ripetono e diventano mantra. Fin da piccola ho sempre scritto diari e racconti (ne ho un baule pieno che custodisco con cura), sono un’appassionata lettrice e qualche anno prima di iniziare questo percorso ho iniziato a condividere i miei scritti in un blog tuttora attivo, quindi sono profondamente dipendente dalle parole, dal nutrimento che mi danno e dalle possibilità espressive che mi concedono.
Perché l’inglese? Hai pensato a tradurre tutto questo in italiano anche?
L’inglese mi viene naturale nel genere che sto facendo, non è una scelta ponderata, ma un’inclinazione spontanea. In passato ho scritto molti brani in italiano ma, per qualche motivo che non ho ancora compreso, non sono mai riuscita a finire gli arrangiamenti e ad essere soddisfatta del risultato… invece con l’inglese tutto il processo diventa più semplice e immediato. Probabilmente mi suona più adatto agli arrangiamenti elettronici del mio album (condizionata dai miei punti di riferimento musicali, ad esempio Bjork e Sevdaliza) e sento la mia musica come qualcosa di europeo, senza chiare radici e non strettamente italiane, a differenza dell’opera e del canto lirico dei quali mi sono occupata per molti anni. Quindi non credo di poter tradurre in italiano questo progetto, ma non lo escludo del tutto… chissà!
E tornando ad un concetto di sintesi: hai mai pensato che questo disco potesse essere anche figlio di una sintesi? Cioè suonato con pochissime cose, acustiche, anche solo un piano…?
Credo che alcuni brani funzionerebbero anche con pochi elementi acustici, infatti a volte ho pensato di scrivere nuovi arrangiamenti della mia musica (ad esempio per pianoforte, violoncello e clarinetto) e ho immaginato suoni molto diversi e connessioni minimali. Potrebbero essere nuovi punti di vista ricchi di interessanti sfumature e potrebbe essere anche un modo per dare più rilievo alla voce e al testo. Allo stesso tempo credo che la mia musica sia il risultato di tante linee che si intrecciano, con un approccio più orchestrale e corale, e credo anche che il suo cuore pulsi grazie ai sintetizzatori e al loro suono viscerale ed elettronico, quindi non so se sarei totalmente soddisfatta di versioni più scarne ed acustiche.
Penso proprio che un disco simile provenga da una metamorfosi interiore, da un’analisi condotta a fondo… non voglio essere indiscreto… ma è così?
Scriverlo e comporlo è stato un percorso profondo, intimo e molto più difficile del previsto. Ho scavato tra le mie insicurezze, esplorato le mie fragilità, raccolto emozioni scomode e dolori penetranti. Ha portato a galla tanti bisogni che non sapevo di avere (ad esempio quello della fantasia e del rimanere bambina come in “Childhood” o di un’evoluzione femminista in “Matriarchy”), mi ha permesso di elaborare esperienze significative (come il lutto in “Lost” e alcune molestie in “Enjoy”), di capire verità fondamentali su di me (come la mia anima vagante e libera in “Decadence” e la mia idea di pace in “Solitude”), di esplorare la mia parte più oscura in “Darkness” e “Turn”, e molto altro… praticamente racchiude gran parte del mio mondo interiore di questi ultimi anni e, attraverso questo lavoro di scavo, comprensione e condivisione, mi ha aiutato tanto ad evolvere, a liberarmi dall’involucro larvale e a sbocciare attraverso la mia creatività. In effetti credo che la parola “metamorfosi” sia proprio adatta!
E questo disco è la luce o il buio di questo viaggio?
È tante sfumature di buio, è pieno di ombre e luoghi oscuri, di lotte interiori, di sofferenza e paura… ma per me è decisamente una luce di speranza, un nuovo inizio, la possibilità di esprimermi liberamente, di creare mondi sonori che mi rappresentano e di dare voce alle mie incessanti avventure interiori.
10/10/24: Recensione su Ventonuovo "Beta Libre: una potenza ma poco controllo…”
Tra le mani “digitali” sfoglio questo esordio davvero molto interessante di Benedetta Gaggioli in arte Beta Libre. Si intitola “Winter Circle” e sfoggia coraggio, forza di andare oltre, bisogno di ricerca e indolenza a restare dentro i confini che ormai conosciamo. Sfogliando i video in rete mi accorgo che non solo la voce ma anche l’immagine è un cuore battente di questo progetto. Mi avventuro e purtroppo impatto con i limiti che la tecnica impone…
Sulle prime, ascoltando “Childood” contornato dal video che troviamo in rete, le prime impressioni sono spettrali, quasi distopiche, in bilico tra thriller e horror. Questi rimandi all’infanzia sono a carico di visioni e dettagli raccolti nel tempo futuro, la natura che circonda non sembra aggressiva ma non è una quiete che mi conduce alla pace. E poi c’è Beta Libre: questa voce cattedratica, quasi eucaristica, questa voce che in effetti è il centro di tutto questo disco visto le sue radici classiche di cantante lirica. “Winter Circe” è un disco di voce, della voce e per la voce. Non mi fa impazzire la pronuncia inglese e avrei voluto qualche soluzione più accomodante per un ascolto che invece viene chiamato a fare sforzi di attenzione dentro una scrittura sempre in cerca di strade alternative. Niente di esoterico (non nel suono almeno) ma sicuramente il “Pop” e le sue comodità è lontano anni luce. E per fortuna direi anche… anche se il “troppo” non mi va a genio. Ma questa è un’altra storia…
Il suono etereo sorvola su battute di punk con l’uso sicuramente di macchine digitali: “Matriarchy” manifesto femminista e momento politico del disco non manca qui di mettere al centro quel certo modo di cantare la voce nonostante l’impatto corale sia il vero cuore.
Eppure restiamo dentro trame liturgiche, antiche, evanescenti come accade inevitabilmente anche dentro “Turn” (sempre restando a sfogliare i video che trovo in rete). Brano questo che – e non poteva mancare, maledizione alle mode – sfoggia anche soluzioni di “drilling” che ormai sono ovunque. Una impressione particolare ma decisamente curiosa e sicuramente mia personale: in video, almeno fino a qui, Beta Libre non appare mai vestita e truccata in uno stile che somigli al suono. E anche qui sarebbe da immergersi in letture che probabilmente prevedono altro. Di sicuro siamo di fronte a dettagli narrativi che hanno il loro peso.
E a proposito di emancipazione ecco “Enjoy” che mette in scena la potenza lirica di Beta Libre e quel manifesto alla libertà del proprio corpo. E qui si, drilling a parte (immancabile), la nostra poteva usare molto di più nell’uso del corpo e delle sue allegorie visive. Diciamo che siamo lontani dai fasti di R.Y.F. e di un certo femminismo attivo.
La varianza di questa vita la trascina dentro un brano come “Decadence” e qui si che gioca ma sempre restando ben salda nella confort zone, consegnato il compito del racconto a dettagli più che a schiette manifestazioni. E di sicuro il suono qui, a proposito di decadenza e ti varianza: poteva decisamente evitare di poggiarsi dentro cantilenanti moti ricorsivi.
Decisamente lisergica e salvifica “Water”, a pieno titolo il mio brano del disco anche se qui, parlando di video, cerca di sfoggiare un effetto che poteva essere credibile se fatto con crismi tecnico decisamente diversi. La tecnica ahimè troppo amatoriale ne condanna la resa.
Ci ha provato Beta Libre e per molta parte riesce a raggiungere obiettivi interessanti. Ha un potenziale solido che sa e ha fame di visioni altre, che superano la “normalità”. Purtroppo però, soprattutto in ambito tech, queste visioni hanno bisogno di altrettante potenze tecnologiche onde evitare di fermarsi in un “non-luogo amatoriale”. Dal suono alle immagini (punto nevralgico come la voce), si richiede un lavoro decisamente più importante per accogliere e celebrare il vero potenziale di un’artista del suo calibro.
03/10/24 Intervista su L'edicola delle notizie: "Beta Libre: dentro i lati oscuri di Winter Circle"
Benedetta Gaggioli porta la sua radice lirica dentro un disco che di classico ha ben poco. Siamo dentro trame dark di elettronica e di visioni distopiche. Lei si fa chiamare Beta Libre e pubblica questo “Winter Circle” disco dentro cui ovviamente la voce è il centro e sembra fluttua in modi densi di allegorie e visioni. Lo chiamano cyber punk… io chiudo gli occhi e mi metto in ascolto delle tantissime nuove forme e luci e coli che mi piovono addosso. È un disco di abbandono e non di matematica.
Sicuramente te l’avranno chiesto tutti. Come si passa dalla lirica al cyber punk?
Sì, è una domanda che mi è stata fatta spesso e ne capisco il motivo! In realtà ho sempre ascoltato tutti i generi e ho sempre ammirato artiste eclettiche, ad esempio Bjork, quindi per me non è stato un passaggio così radicale come può apparire. La vera rivoluzione è stata abbandonarmi alla mia creatività e darmi la possibilità di creare il mio mondo sonoro, personale e libero. In questo passaggio è sicuramente stata necessaria tanta decostruzione, ripartendo dalla mia espressività e dalle mie parole, da una vocalità più semplice e sporca, tornando a un’idea di suono più viscerale e immediata e cercando una sintesi originale tra il mio gusto musicale poliedrico e i miei studi classici. In pratica ci sono voluti alcuni anni di esperimenti vocali e strumentali per arrivare allo stile di questo mio album…
E si tornerà anche indietro oppure pensi possano convivere le due cose?
Fortunatamente le due cose adesso convivono e io sto facendo tutto il possibile per farle crescere in modo parallelo. Non è una scelta semplice, a volte è davvero impegnativo coltivare contemporaneamente percorsi così diversi, ma per adesso ho bisogno di entrambi e voglio credere che si possano arricchire reciprocamente.
Hai provato mai a contaminare l’una con l’altra? Ci penserai magari in futuro?
In parte l’ho fatto, durante i primi tempi, quando non sapevo che direzione prendere e ho iniziato facendo alcune cover sintetiche di brani barocchi. Non escludo che accadrà di nuovo, se e quando mi verrà l’ispirazione… chissà, mi piace molto cambiare, cercando combinazioni insolite e sperimentando nuovi linguaggi! Poi devo dire che il bisogno di creatività che ho riscoperto con il mio progetto elettronico mi ha fatto venire voglia di studiare composizione al conservatorio e sono felice di aver iniziato anche questo percorso più ampio.
E perché Benedetta Gaggioli diventa Beta Libre? Sono maschere anche i nomi? E mi pare che tu sia per il rompere ogni tipo di maschera o sbaglio?
Non credo che Beta Libre sia una maschera dietro cui nascondermi, anzi, è un nuovo ruolo che mi sono regalata per sentirmi più libera e mi permette di esplorare parti di me che ignoravo o tenevo nascoste perchè più oscure o scomode. Quindi è una parte della mia personalità, profonda e autentica, alla quale ho sentito il bisogno di dare un nome diverso per trovarle uno spazio, una nuova collocazione. Infatti credo che le maschere possano essere positive se ci permettono di guardarci da altri punti di vista e vivere appieno tutte le sfumature della nostra personalità. L’importante è non rimanere intrappolati in un ruolo che ci sta stretto ed essere sempre in grado di spogliarci, di distruggere e ricreare, di rinnovarci ed evolvere.
Che futuro avrà questo disco secondo te? Hai scoperto cose nuove di te o hai solo messo in pausa la tua verità? Giusto per tornare sul concetto di maschere…
Questo disco mi è servito per elaborare esperienze passate e guardare me stessa sotto luci diverse, attraverso filtri emotivi che non sapevo di possedere. È stato davvero fondamentale per la mia crescita. Un figlio tanto voluto e sofferto. Un frammento di verità cangiante e pieno di sfumature. In futuro non so dove mi porterà la mia musica ma sono molto curiosa di scoprirlo.
01/10/24 Annunciato nuovo brano: il 16 ottobre esce Dido's Lament
Tra poco più di due settimane uscirà su tutte le piattaforme di streaming uno dei brani più famosi del periodo barocco, riarrangiato in modo personale ed elettronico da Beta Libre.
Si tratta del Lamento di Didone, l'aria finale dell'opera Dido and Aeneas di Henry Purcell, scritta intorno al 1688. La canta Didone subito prima di uccidersi ed è straziante e meravigliosa al tempo stesso.
Questa nuova versione è sicuramente cupa e disturbante ma anche piena di consapevolezza per ciò che accadrà perchè la morte viene accettata, accolta, è parte di un ciclo doloroso ma inevitabile... per questo si inserisce come chiusura definitiva del capitolo Winter Circle, prima di dare il benvenuto al nuovo album che sarà più luminoso e uscirà durante la prossima primavera!
Per non perdervela preselvatela su Spotify a questo link, dandomi così l'opportunità di avere maggior visibilità!
https://distrokid.com/hyperfollow/betalibre/didos-lament-when-i-am-laid-in-earth
Questo il testo:
Thy hand, Belinda, darkness shades me,
On thy bosom let me rest,
More I would, but Death invades me;
Death is now a welcome guest.
When I am laid, am laid in earth, May my wrongs create
No trouble, no trouble in thy breast;
Remember me, remember me, but ah! forget my fate.
Remember me, but ah! forget my fate.
26/09/24 Intervista su Indie Roccia: "Beta Libre: visioni di nuovo cyberpunk"
Potenza della lirica direbbe qualcuno… perché è da li che arriva Benedetta Gaggioli, classe ’88 di Pistoia in arte Beta Libre. E se la voce resta un centro nevralgico di questo disco, è vero pure che il classicismo si fa da parte in ogni suo aspetto e lascia posto al punk digitale di tempi nuovi, distopici. “Winter Circle” uscito per Corbellice Records è un pezzo ancora da rifinire con cura, un pezzo da novante dentro la nuova scena futurista italiana.
Parli di circolarità… che rapporto hai con il concetto di vita e di morte?
Un rapporto sofferto. Sebbene sia affascinata e catturata dalla circolarità della natura, dal susseguirsi delle stagioni e anche dal ciclo mensile che vivo in me in quanto donna… faccio una gran fatica ad accettare la morte di chi mi sta vicino (come nel mio brano “Lost”, che parla proprio di un lutto e della disperazione, del senso di vuoto che mi ha portato) o i cambiamenti importanti che non desideravo. La circolarità è un concetto che mi è caro ma nella pratica non è mai facile abbandonarmi al fatto che tutto scorre e evolve, nasce e muore, spesso sfuggendo al mio controllo.
In che modo il suono e la scrittura parlano di tutto questo?
Intanto il cerchio si apre con l’infanzia (il primo brano del mio album) e si chiude con una improvvisazione post mortem, quindi l’album parla di vita, morte e finisce con una specie di rinascita. Il suono e i temi racchiudono tante sfumature diverse, a volte dolci e intime che cullano amorevolmente e trasportano in altri luoghi (specialmente quando uso l’organo e parlo di infanzia, speranza e malinconia), altre volte violente e oscure, che turbano e scuotono, che vanno a scavare nelle nostre profondità (quando uso i sintetizzatori e parlo di morte, separazione e insicurezza).
Perché le maschere? Perché la rottura di una maschera?
Le maschere sono il nostro tentativo di adeguarci al mondo che ci circonda, quando troviamo uno spazio che ci piace e sposiamo il ruolo che ci permette di inserirci in esso. Non sono una cosa negativa, ma credo che dobbiamo essere in grado di romperle e toglierle, senza lasciare indietro parti di noi, senza rinnegare la nostra unicità e autenticità. Non dimentichiamoci mai la possibilità di ribellarci a ciò che abbiamo scelto o ci è stato imposto, di andare oltre, di evolvere, di essere liberi… è questo che sottintende la mia “Decadence”.
Che poi sempre alludendo al video, l’allegoria di qualcosa di violento che ci si leva da dosso o che ci si incolla addosso… come la leggiamo? O siamo fuori pista?
Spogliarsi di ruoli e maschere, ribellarsi non credo sia un processo semplice e pacifico. È una lotta interiore e spesso anche una lotta con l’ambiente che ci circonda. Mi piace parlare di emozioni violente che ci scuotono e che ci si incollano addosso, sensazioni viscerali che non ci danno tregua finchè non decidiamo di accoglierle e seguire la nuova direzione che ci indicano… infatti in “Matriarchy” parlo di una rivoluzione femminista, in “Nightmare” di una consapevolezza antispecista ed empatica, in “Enjoy” di un modo più libero di vivere relazioni e sessualità, mentre in “Solitude” la solitudine diventa uno stimolo per riscoprire la pace con se stessi. Credo che la chiave sia accogliere dolori e contrasti perchè ci indicano un cambiamento necessario.
Quanta apocalisse c’è nel suono di Beta Libre?
Il mio suono spesso di tinge di oscurità e sconvolgimento, con momenti cyberpunk, distopici, graffianti ed elettronici (grazie ai miei sintetizzatori). Ma a volte è anche intimo, sacro, dolce, che guarda al passato (grazie agli strumenti vintage che ho avuto la fortuna di poter usare, come un organo a transistor e un piano Rhodes). Il mio album è un viaggio lungo e vario durante il quale si incontrano mondi diversi e cangianti. C’è morte e apocalisse, bassi che si rincorrono e modulano, ma c’è anche luce e suoni brillanti, acqua che scorre impetuosa e galli che cantano ricordandoci dell’alba che sta arrivando.
24/09/24 Intervista su Noi Rete: "Beta Libre: dalla lirica al cyber punk"
Il caos, il perenne divenire e la metamorfosi di ogni cosa. Far pace con il proprio liquido fluire che ci conduce alla morte. Sono presagi scuri e negativi ma che conducono ad una pace interiore non indifferente se accolti con consapevolezza. Forse è questo il percorso che oggi ha fatto la cantante lirica Benedetta Gaggioli che nella nuova scena indie conosciamo come Beta Libre in questo splendido esordio dai toni apocalittici e dal profondo gusto cyberpunk. Si intitola “Winter Circle” e sfoggia una produzione davvero interessante… com’è interessante sicuramente tutta l’allegoria che troviamo dietro ogni piccolo dettaglio. Fateci caso…
Da studi classici a questo esordio. Quanto studio ci vuole per rivoluzionare la strada maestra?
Sicuramente è stata necessaria tanta decostruzione. Ripartire dalla mia espressività, dalle mie parole, da piccole melodie e idee armoniche, da una vocalità più semplice e sporca e tornare a un’idea di suono viscerale e immediata… non è stato facile. C’è stato tanto studio, qualche anno di esperimenti vocali e strumentali (ho iniziato facendo alcune cover di celebri brani barocchi in versione elettronica) ma è stato un percorso naturale, spontaneo e solo adesso si delinea con chiarezza.
Che poi la voce è il vero centro del suono o sbaglio? Non poteva essere il contrario penso io…
Sì, per quanto possa amare i sintetizzatori o altri strumenti, la voce è il centro del mio mondo sonoro, è il mio strumento più autentico. Non può essere altrimenti: è nella gola che nasce la necessità di esprimermi, è con i polmoni e le corde vocali che si forma quello che immagino e sogno.
E parlando di suono invece? Che lavoro hai fatto? A cosa pensi di essere approdata?
Ho fatto un lavoro di sperimentazione molto libera, senza pensare a generi o etichette, senza mettere paletti limitanti. Ho lavorato con strumenti che hanno arricchito con varie sfaccettature il suono finale: a volte quasi liturgico (con un organo vintage) perchè sento la mia parte intima come qualcosa di sacro e delicato; a volte elettronico e graffiante (con sintetizzatori analogici capaci di infinite tinte emotive) perchè i sentimenti e i desideri si fanno violenti e scalpitanti; a volte metallico e percussivo con il piano Rhodes che aggiunge un colore brillante… Ogni tanto mi viene subito in mente il suono che vorrei e lavoro per ricreare ciò che immagino, mentre altre volte improvviso e così trovo suoni che mi parlano o contesti armonici che mi suggeriscono un tema e un testo. Non è mai un lavoro lineare e chiaro, ma sempre un processo che coinvolge la fantasia e qualcosa di magico e misterioso.
E a proposito di approdi: sei in piena ricerca o stai ancora trovando la tua identità?
Credo che sarò sempre in ricerca perché sono una persona irrequieta che non ama definirsi nè fermarsi dove si sente comoda e sicura. Però ho sicuramente trovato nuove identità in questo percorso, o meglio ho dato spazio a parti di me che prima lasciavo nell’ombra… e ne sono molto felice. È inebriante poter esplorare ciò che prima ritenevo troppo oscuro o ambizioso o scomodo.
Che poi nel disco (vedi “Hope”) c’è anche spazio per la speranza e non solo per la decadenza… come ti poni in questo?
“Hope” è la luce che ho intravisto dopo un difficile e lungo ritiro di meditazione. Ho capito qual’è la chiave per essere felice: la consapevolezza che tutto cambia costantemente… quindi devo vivere nel momento presente, ascoltare tutto ciò che sento senza rifiutare e giudicare ciò che viene. So che questa chiave è nelle mie mani e che la mia serenità dipende da me. Il problema è che non è facile ricordarlo, immersi nel caos della vita vissuta, spesso ci facciamo catturare dalle emozioni e a volte ci capita di perderci in labirinti nebbiosi e oscuri. La luce c’è e può esserci sempre… ma credo ci sia anche tanta lotta interiore per guardarla e seguirla.
24/09/24 Articolo su Onde Indie Pendenti: "Beta Libre: parlando di circolarità invernali"
Se dovessi mettere su un brano come “Childhood” sicuramente avrei a mente quel ponte che cercavo con la sua radice di cantante lirica, di arie barocche, di visioni favolistica. Non a caso il video che trovo in rete è ricco di autunno, di disco, di foglie, di mappe e coordinate geometriche… la mente che vaga è il filo conduttore, il potere di vedere forme e di dar loro vita. E tutto questo penso poi sia il vero punto chiave che muove lametamorfosi di Benedetta Gaggioli dentro il suo alter ego Beta Libre e dentro suoni che con la lirica hanno poco a che fare.
Metto in circolo “Winter Circle” il primo lavoro personale di Beta Libre e dopo la fantasia incisa tra le note di “Childhood” ecco “Insicure” – come da titolo, brano dedicato all’insicurezza, se mi si concede la sintesi. E restano tracce di canto lirico, la voce dovrà restare sempre lungo tutto il percorso. Ma subito il punk di cibernetica fattura prende il primo spazio utile arredando lo sviluppo del brano che inizia a giocare con l’elettronica del futuro, che deforma la quadratura de drumming. A tratti sembra di ritrovarsi in demo elettroniche di un rock epico come quello degli Evanescence.
“Darkness” sfoggia addirittura degli organi per riportarci a presagi di antiche leggende medievali di castelli e anatemi. Eccolo “Enjoy”, fa capolino la trasgressione, l’elettronica elettricità di forme e di corpi, il rosso che infiamma, il video in rete che forse avrebbe dovuto osare di più. I Prodigy avrebbero reso più scuro e infernale il suono che si mantiene a portata di sguardi dalla drilling americana. E dentro “Winter” non poteva mancare il sapore che Madonna regala dentro produzioni più corpose ma altrettanto scure e introspettive come “Frozen”. Ancora cyber, ancora punk, ancora inferi dal retrogusto lirico e sacerdotale dentro “Nightmare” con questo drone a portare quasi tutto lo sviluppo e un inciso corale di intrecci vocali davvero suggestivi.
Senza scorrere tutto pesco invece “Water” dentro cui arrivano sfacciati e lisergiche soluzioni di psichedelia oppure il futuro deforme e digitale di “Matriarchy” e di “Turn” a cui sinceramente avrei preferito una resa video decisamente più visionaria e libera invece che immagini in chiaro assai troppo amatoriali per una produzione come questa. E appena si alzano i toni, il maledettissimo drilling torna a salvare la vita povera di idee, forse…
Beta Libre ha regalato alla storia un disco di venature acide, lisergiche, di viaggi interiori difficili da smaltire con una sola bevuta di consapevolezza. Il futuro e il passato dialogano. Sono cicli e ricicli storici…
05/09/24 Nuovo Urbex Music Video: "TURN radio edit"
È uscito un video speciale di Turn (radio edit, versione più breve), un urbex music video
dove Beta Libre canta in un famoso sanatorio abbandonato in toscana, percorrendo i suoi corridoi ammuffiti e decadenti fino ad arrivare sul tetto...
Camera Riccardo Rick Landi
Editing Benedetta Gaggioli aka Beta Libre
31/07/24 Intervista su Seven News: "Beta Libre: quel suono apocalittico, moderno, distopico"
29/06/24 Live @ArezzoWave e passaggio in finale
Beta Libre e Rick Landi hanno portato la loro musica e tutta la loro energia a Cavriglia (AR) sul palco dell'Arezzo Wave, proponendo i brani "Decadence" e "Turn", tratti dall'album Winter Circle, e hanno convinto la giuria passando in finale, che sarà giovedì 4 luglio ad Arezzo.
ph. @tessagori.foto
14/06/24 Intervista su Vip Glam: "Beta Libre: la provocazione del corpo e del suono"
13/06/24 Beta Libre in semifinale ad Arezzo Wave Toscana
Beta Libre è stata selezionata per la semifinale di Arezzo Wave dopo le eliminatorie che si sono svolte online.
Si esibirà al Bellosguardo a Cavriglia (AR) sabato 29 giugno alle 21 insieme a Rick Landi.
04/06/24 Recensione dell'album WINTER CIRCLE su Intersecta
Recensione di Winter Circle, di Beta Libre. 2024 – Corbellicce Records
Nel 1965 Bob Dylan incise Bringing It All Back Home, disco che impresse un punto di svolta nella sua carriera e segnò la storia della musica. Dylan metteva insieme tutto quello che aveva imparato fino a quel momento, lo rielaborava e riportava tutto a casa, mettendo di fronte al pubblico che di lui si era fatto una determinata idea, ciò che realmente lui era e si sentiva. Perché mi viene in mente Dylan ascoltando Winter Circle di Beta Libre?
Perché nelle tracce di questo primo album di Benedetta Gaggioli (questo il nome della persona alla base del progetto), molto lontano per sonorità e ispirazione dal folk rock dylaniano, si sente la stessa esigenza di riportare a casa quanto si è appreso, e di presentarsi qui e ora per quello che si è. Al costo di sorprendere qualcuno.
Questa chiave di lettura permette di apprezzare appieno un disco che mette insieme musica barocca e trip hop, momenti di cupa introspezione ed esplosioni di sensualità e di rivolta, strumenti e sintetizzatori utilizzati come un’orchestra e brani minimalisti in cui la forza dell’atmosfera ha bisogno di poche note.
E il miracolo musicale che si compie è che nel percorso che riporta Benedetta a casa troviamo casa anche noi che ascoltiamo, anche se abbiamo vite, esperienze percorsi musicali diversi.
Un libro postumo di Pablo Neruda si intitolava “Confesso che ho vissuto”.
Il sottotitolo di Winter Circle potrebbe essere “Confesso che ho suonato”.
15/05/24 Recensione dell'album WINTER CIRCLE su RUMORE
10/05/24 Intervista su Oltre le Colonne: "Beta Libre, senza maschere dentro un suono industriale"
Beta Libre sforna un disco d’esordio che spiazza sapendo quali origini vivono alla base della sua carriera artistica. Siamo dentro un suono digitale che sfoglia pagine e pagine di ispirazione urban internazionale, le codifica nel made in Italy e poi le usa a proprio uso e consumo per levarsi via di dosso maschere e inibizioni. Senza veli sull’anima o quasi. Beta Libre e questo “Winter Circle” è una fonte di ispirazione per ognuno di noi che cerca l’emancipazione dal proprio ruolo quotidiano.
Un disco invernale, distopico, urbano. Se ti dicessi che in qualche modo rappresenta la condizione umana?
Non potrei darti torto… Viviamo in un mondo surreale e distopico e credo sia faticoso accettare la situazione attuale. Questo è sicuramente uno dei motivi per cui sento il bisogno di rifugiarmi nella musica, nel mio mondo sonoro, che però vive anche degli incubi del mondo reale, come nella mia canzone Nightmare che parla degli animali che vengono privati della libertà, dell’empatia che provo nei loro confronti e che non mi fa dormire. Purtroppo siamo freddi, distanti l’un l’altro e c’è poca speranza intorno a noi, come anche nel mio album che è molto oscuro… però sono convinta che una luce ci sia sempre, un bagliore che possiamo accendere dentro di noi. Possiamo essere felici. E possiamo porgere una candela a chi si sente perso. Nonostante tutto credo profondamente nell’empatia e nella sorellanza.
Passato o futuro? Cosa c’è nel suono di Beta Libre?
Nel mio suono probabilmente c’è tutto il mio passato musicale: ciò che ho studiato e che ho amato, dalla musica antica al pop attuale (soprattutto Bjork), passando per la musica lirica e contemporanea. Il mio suono non ha un genere definito e non mi piace pormi limiti di stili e influenze. Una canzone del mio album è una passacaglia baroccheggiante, altre sono quasi liturgiche, molte sono elettroniche e alcune sono sperimentali e psichedeliche. Deriva dai miei studi classici e dai miei ascolti più disparati, quindi è un suono intriso di passato e di suggestioni di vari periodi storici… ma io vi percepisco anche una specie di futuro perchè spesso la mia musica sgorga spontanea e solo in un secondo momento realizzo di cosa mi parla e trovo associazioni con altri artisti e stili che magari nemmeno conoscevo (ad esempio Sevdaliza).
Parliamo di maschere… ho come l’impressione che in fondo è giusto celebrarle. Come a dire: fanno parte anche loro della verità…
Sì, credo anche io che sia giusto celebrare le maschere che indossiamo. Crearle, accettarle, giocarci, usarle come mezzi e non come fini. Senza perdere il contatto con ciò che c’è sotto, senza rimanervi intrappolati. Imparando a toglierle quando serve e a restare completamente nudi, mostrando la nostra intimità senza vergogna. Credo che possiamo comprendere molte verità su di noi dalle maschere che scegliamo di indossare, vi sono indizi riguardo ai nostri bisogni più profondi… allo stesso tempo svelano e nascondono la nostra autenticità e la nostra imperfetta unicità.
Nell’estetica tanta eccentrica manifestazione eppure nelle foto di copertina tanta semplicità… come la spieghi?
Sono attratta dagli opposti: amo la possibilità di essere eccentrica ed esuberante (anche perchè mi sono sempre sentita strana, un outsider e ho fatto fatica ad accettarmi) ma mi sento a mio agio con la semplicità, con ciò che è minimale e necessario. La foto di copertina del mio album è essenziale ma rappresenta in modo esatto la mia estetica fatta di oscurità e luci: l’azzurro davanti a me e sul mio volto (il colore del cielo e delle emozioni che scorrono come un fiume inarrestabile) e il rosso sulla mia schiena, il colore del fuoco che arde, di passione, di rabbia, della necessità di elaborare, crescere e mostrare al mondo ciò che sono. Io mi affaccio dall’oscurità, guardo avanti, negli occhi dello spettatore, ed espongo all’aria le mie ferite, mostro senza paura le mie fragilità in un processo catartico ed estatico di guarigione.
E come si arriva ad un pop così urbano provenendo da studi classici? Un salto decisamente violento…
Immagino possa apparire insolito e, in effetti, questa evoluzione ha sorpreso molte persone nella mia vita. Per me invece è tutto parte di un percorso di esplorazione musicale, è tutto frutto della mia irrequietezza spirituale e del mio bisogno di esprimermi utilizzando mezzi sempre nuovi. Non vedo nè salti nè rotture. Però devo ammettere che a volte mi sento confusa e stranita anche io, soprattutto quando un giorno faccio un concerto con lungo vestito da sera, con l’arpista che mi accompagna, tra musica di Debussy e vocalità lirica e pura… e il giorno dopo mi ritrovo a cantare i pezzi scritti da me, tra luci stroboscopiche e sintetizzatori, con una vocalità libera e sporca e vestita con cinghie di finta pelle! I miei contrasti sembrano violenti ma fanno tutti parte di me e mi fanno sentire completa.
01/05/24 Live @Latinaprimomaggio
Beta Libre e Rick Landi hanno portato la loro musica e tutta la loro energia sul palco del Teatro D'Annunzio di Latina, proponendo i brani "Turn" e "Enjoy", tratti dall'album Winter Circle, e partecipando al concerto del Primo Maggio insieme ad altri artisti provenienti da tutta Italia scelti durante due fasi di selezione e live audition.
17/04/24 Recensione dell'album WINTER CIRCLE su Mescalina
Estratto:
Dopo la pubblicazione in sequenza di otto singoli nel corso del 2023, Benedetta Gaggioli in arte Beta Libre completa la sua opera alla fine di quello stesso anno con altre sei composizioni che vanno a sigillare questo suo Winter Circle, prova d’esordio di impostazione lirica all’insegna del minimalismo (con concessioni electro dall’impressionante forza evocativa).
Inclinazione artistica e professionale convergono verso un approccio che esalta armonizzazioni vocali dall’alto tasso liturgico e improntate a una solennità estremamente calibrata, come ampiamente certificato in composizioni quali Childhood, Darkness, Winter, Lost e Solitude (perfettamente in linea con certi canoni adottati dal riuscitissimo connubio di minimalismi tra Lafawndah e Midori Takada).
Beta Libre resta salda in quel suo alveo naturale anche quando le risonanze di fonazione da quasi contralto sgorgano fra le progressioni accennate di beat (Insecure, Enjoy, Hope) o di rimpallo a invettive electro più esplicite e scaraventate a rotta di collo con grande maestria (Matriarchy).
In Winter Circle fa capolino spesso un’ambientazione decisamente a spasso in territori dark-gothic, da rintracciarsi in particolare quando Benedetta Gaggioli rimanda ad assonanze timbriche in orbita Cristina Scabbia e A. A. Williams (succede in Nightmare, ma soprattutto in Decadence, primo estratto dell’album ispirato al movie Tokyo Decadence, algido esemplare di estrazione melodicamente cupa ed inquieta).
Nei gorgoglii del pezzo finale, a un certo punto attratti nel vischio di un noise disturbante, c’è tutta la cifra di un disco riuscito: tenebre fitte in picchiata a deragliare in spirali assai plumbee ed eteree.
16/04/24 Beta Libre selezionata per il concerto del Primo Maggio a Latina
Beta Libre e Rick Landi hanno convinto la giuria durante le Live audition e parteciperanno al concerto sul palco di piazza del Popolo a Latina che è anche la fase finale del concorso omonimo per musicisti emergenti e nuovi progetti musicali.
09/04/24 Intervista su Music Map: "Beta Libre: arrivare ad anime alle quali la mia musica risuoni nel profondo...''
Eccolo “Winter circle”, eccolo il disco d’esordio di Benedetta Gaggioli in arte Beta Libre. Dagli studi classici al suono moderno, apocalittico se ci lasciamo prendere dal suo forte potere evocativo. La voce libera di esprimersi, il canto, il suono digitale, le sembianze di una forma che si rompe e genera nuove rinascite e nuove cose. È un disco interessante, forse ingenuo nelle sue libertà… una personalità forte e sicura che dentro questo flusso di coscienza sembra tradire molta fragilità. E noi indaghiamo da vicino.
Un esordio oggi… un esordio dai toni molto scuri e internazionali. Per te cosa significa e che aspettative gli affidi?
Per me è un salto nel buio, una scelta coraggiosa e un rischio che avevo bisogno di correre. È il primo vero investimento di tempo ed energie nella mia creatività, in un desiderio tenuto nascosto per più di trent’anni. Quindi per me è un sogno essere qui a parlarvi del mio primo album, composto e prodotto tutto da me, ricco delle mie esperienze musicali e allo stesso tempo introspettivo ed esuberante. Non mi faccio grandi aspettative: l'ho fatto per me stessa, per il mio bisogno di esprimermi ed i brani sono arrivati in modo spontaneo, senza costruirli, senza adattarli al gusto di un possibile pubblico… ma ovviamente spero tanto di riuscire ad arrivare a delle persone affini, a chi può comprenderlo e ritrovarsi in esso, ad anime alle quali la mia musica risuoni nel profondo. Ecco, questo sarebbe bellissimo e mi auguro tanto che accada'.
Esiste una linea che separa la scena dal reale? Questo disco in quale delle due parti si posiziona?
È tutto reale, è tutto vissuto, autentico. È fatto di lacrime e sangue, sogni e lutto, ricordi e esperienze del presente. Le urla di disperazione perchè stavo perdendo il mio amico più caro (in ''Lost'') sono reali, così come il desiderio di tornare a incontrarsi e baciarsi senza paura dopo la pandemia (in ''Enjoy'') e il ricordo di un addio, di un ultimo sguardo che continua a tormentarmi (in ''Turn''). Fa tutto parte di me, è tutto ancora vivo in me, ogni canzone brucia ancora nelle mie profondità e risentirle o cantarle dal vivo è un'esperienza catartica e straziante al tempo stesso'.
Un suono assai esoterico e digitale nonostante le tue radici provengano da studi classici o sbaglio? Come accade questa rivoluzione? '
Esatto, ho fatto un percorso lungo di studio e perfezionamento in conservatorio nel canto lirico e una carriera in questo ambito ricca di esperienze diverse e adesso sto studiando composizione. Nonostante questo non ho mai messo confini ai miei gusti musicali e ho sempre apprezzato la musica pop, rock, alternativa, elettronica... soprattutto Bjork. Credo che la musica sia un linguaggio meraviglioso in ogni sua declinazione e la cosa più importante per me è creare un mondo sonoro che mi rappresenti e che possa accogliere le mie emozioni e le esperienze che ho bisogno di elaborare. La vera rivoluzione è stata credere ed investire nella mia creatività, ritagliando spazi e risorse per far nascere questo mio progetto, per nutrirlo, per permettermi di sentirmi finalmente libera di esprimermi e non relegare la mia voce all'interpretazione della musica scritta da altri.
Dal vivo come vive questo suono?
Di solito suono insieme a Rick Landi, coproduttore del mio album, polistrumentista, che si occupa principalmente di sintetizzatori e campionatori e dal vivo mi aiuta a rendere convincente e intenso ogni brano. Io invece ho una loop station con la quale amo sommare e modificare le voci che registro in diretta, e il sintetizzatore con il quale ho registrato la maggior parte delle tracce del mio album. Mi diverto, mi muovo, canto libera e entrambi amiamo conservare un grande spazio per l'improvvisazione perchè sono convinta che sul palco ogni pezzo debba suonare sempre diverso, sempre nuovo e ispirato dal momento presente. C'è sempre della psichedelia, ci sono dei suoni anni ottanta, c’è la voce usata in tutte le sue sfumature espressive, ci sono parti più libere, vocalizzate e sinuose e altre molto ritmiche ed energiche. È un viaggio sonoro cangiante e io scivolo in un flusso di visioni e brividi.
Dal vivo… come ci verrà mostrata Beta Libre?
Probabilmente vestita di nero e di blu. Con un caschetto scuro, la bocca piena di suono, tanta energia palpabile e le emozioni che straripano come un fiume in piena.
08/04/24 Intervista su Mondo Spettacolo: "Beta Libre: l’evasione dalla forma e dal politicamente corretto"
Di Claudio Pivi
Romantica Benedetta Gaggioli, decisa ed effervescente Beta Libre. La trasgressione del bello e delle maschere passa anche dentro la consapevolezza. Ci regala un suono post-moderno, apocalittico a tratti, urbano, digitale si ma denso di cliché atavici. “Winter circle” sembra uscito da una distopia… eppure dentro ci ho trovato un’umanità puntuale e affamata. Sono le chiacchierate che amo…
Noi partiamo sempre parlando di bellezza cercando anche di andare oltre all’estetica. Per Beta Libre cos’è davvero la bellezza?
Bellezza per me è il blu cangiante del mare, l’insetto che mi si posa addosso, i sorrisi accoglienti e caldi, le morbide rughe della nonna, un fiore selvatico che spunta tra le rocce, le smagliature che si diramano lungo le mie gambe, le cicatrici che parlano di ciò che abbiamo vissuto. Bellezza è imperfezione e unicità. È la natura nelle sue infinite sfumature. È guardare il mondo con gli occhi dei bambini, con la loro curiosità e il loro entusiasmo. Perché un frammento di bellezza si può trovare ovunque, in ogni istante, anche in quello all’apparenza più trascurabile o doloroso… ma dobbiamo imparare a coglierlo, a fare attenzione, a connetterci con noi stessi e con l’abbondanza che ci circonda, e credo che il lavoro dell’artista sia proprio questo.
In questo disco in qualche modo cerchi comunque di dare una messaggio di trasgressione e di eros o sbaglio? In quale direzione vuoi condurci o in quale senti di star muovendo il tutto?
Più che di trasgressione parlo di libertà, che spesso implica anche una certa dose di ribellione a quello che ci viene imposto e insegnato fin dall’infanzia. La direzione è l’autenticità, avere il coraggio di esplorare i nostri desideri e bisogni per poi riuscire a condividerli e a viverli appieno. Credo che l’energia creativa sia in un certo senso collegata e simile all’energia erotica. Vengono dallo stesso luogo e ci spingono avanti, ci stimolano a fare, creare, interagire.
Che rapporto hai con il corpo? “Decadence” sembra che in qualche modo voglia depurarlo dalle maschere dell’estetica di massa… della perfezione…
Amo il mio corpo perchè mi permette di essere tutto ciò che sono e di fare tutto ciò che faccio. È il tramite delle mie esperienze, ciò che mi permette di percepire sensazioni ma anche le emozioni nel profondo. E mi piace la nudità perché implica intimità, esporsi senza vergogna, consapevoli del fatto che siamo tutti imperfetti, fragili, simili e diversi al tempo stesso. Credo sia meraviglioso poter mostrare le proprie debolezze, le proprie difficoltà, essere nudi e vulnerabili, con tutte le proprie contraddizioni e il cuore aperto. Allo stesso tempo mi piace giocare con l’estetica e con i ruoli, quindi travestirmi, indossare maschere, giocare ad essere altro per poi tornare ad essere l’animale selvaggio che sono. In “Decadence” per sopravvivere interpreto un ruolo, cerco di adattarmi ad una certa visione, di aderire ad alcuni canoni della società… per poi liberarmene brutalmente e abbandonarmi alla mia follia, al mio modo di percepire e vivere unico.
E nella vita di ogni giorno quanto Beta Libre somiglia a Benedetta Gaggioli?
Direi che Beta Libre è la mia parte più creativa, dalla quale sgorgano parole e suoni. La mia parte blu, profonda e misteriosa, ma anche quella rossa, energica e appassionata. E’ la mia parte introversa che si rifugia nel proprio mondo interiore ma anche quella estroversa che ama cantare libera sul palco. Ma ormai ho perso il senso dei confini. All’inizio ho cercato di circoscriverle come fossero due identità diverse, adesso non lo so più, non le distinguo più. È una continua evoluzione e un gioco di compenetrazione, anche nella vita quotidiana, nelle piccole scelte.
In chiusura: parafrasando questo titolo, cosa sono i “cerchi invernali”?
È la stagionalità, è il tempo che fluisce. Credo che tutto sia ciclico: tutto passa e tutto torna, anche se in modo diverso. Per questo il mio album rappresenta molti miei inverni passati, presenti e futuri: quattordici brani che parlano di luci e oscurità, infanzia e morte, piacere e lutto, insicurezza e speranza, femminismo e antispecismo… una grande fetta del mio mondo interiore sotto forma di un ciclo invernale, quindi freddo, oscuro, malinconico, ricco di contrasti e visioni, ispirato anche al ciclo di lieder Winterreise, ovvero Viaggio d’inverno, di Franz Schubert.
28/03/24 Video intervista su VideoTop
Intervista e videoclip di Decadence sul canale Youtube VideoTop e trasmessa in tv in questi giorni.
22/03/24 Intervista su Extra Music Magazine: "BETA LIBRE: ECCENTRICA EVASIONE, TRASGRESSIONE E NEW WAVE"
Di Domenico Capitani
Benedetta Gaggioli veste i panni di Beta Libre e si libera nelle maschere di scena con un disco dai forti sapori New Wave, psichedelici a tratti. “Winter Circle” lo percepisco come un manifesto di identità, come un filo diretto che mi porta nel cuore di una notte personale tempestata di glitter e luci fluorescenti. E dentro tutto questo circo metallico io ci vedo la nudità dell’esistenza, cruda nella sua basica dimensione. Non esistono più maschere… quello di Beta Libre è una new-bave post-moderna di emancipazione e consapevolezza.
Il corpo è un punto centrale dentro l’immaginario di questo disco o sbaglio? Anche nei video… che rapporto hai con il corpo… con il tuo corpo?
Amo il mio corpo perchè mi permette di essere tutto ciò che sono e di fare tutto ciò che faccio. È il tramite delle mie esperienze, ciò che mi permette di percepire sensazioni ma anche le emozioni nel profondo. Il sole sulla pelle, il contatto con le superfici della natura, l'incontro con le altre persone, le vibrazioni dei suoni che risuonano nel grembo, i muscoli che si tendono durante gli allenamenti, l'unione ancestrale con il mare, i miei occhi che seguono avidamente la telecamera durante le riprese dei videoclip, le dita che si muovono sui tasti del mio synth, la mia voce che riempie tutta la bocca per poi uscire prepotentemente. Il corpo è uno strumento incredibile e meraviglioso che ho imparato ad apprezzare sempre di più negli anni e per questo ha un ruolo importante nel mio immaginario. Ma non posso dire di averci sempre avuto un buon rapporto... a volte mi sono sentita in trappola, altre volte l'ho trattato male. Purtroppo viviamo in una società che non ci aiuta in questo ed è difficile accettarsi e provare gratitudine per ciò che siamo.
E con la parola? Ho trovato spesso una forma quasi di mantra dentro questo disco… o sbaglio? E penso molto a “Decadence” in questo senso…
Hai ragione. Amo i testi essenziali, semplici, ripetitivi e a volte le mie canzoni sono quasi dei mantra. Anche per questo uso l'inglese, per il suo essere breve e conciso. Non mi piace raccontare lunghe storie (per quelle uso il mio blog), preferisco frasi dense di significato che si ripetono, quasi ipnotiche, e insieme ad esse, durante lo stesso processo creativo, costruire un tessuto sonoro, un'atmosfera musicale specifica e descrittiva. Per me le parole sono uno strumento che rende più esplicita l'atmosfera del brano e permette di cantare suoni diversi, ma non sono il fulcro di tutto. Anche nella musica sono così, in verità. Preferisco ciò che ha pochi elementi, il minimalismo, l'essere essenziali, così ogni piccola consonanza o dissonanza acquista un suo significato e una sua importanza.
Il titolo “Winter Circle” non sembra regalarci visioni alte e di speranza… un circolo vizioso? Un eterno inverno?
L'inverno per me rappresenta la desolazione del buio e del freddo e la necessità di conforto, ma anche l'attesa della rinascita e della primavera. Sono affezionata a ciò che è ciclico, alle stagioni e al loro impatto sulla natura e sul nostro stato d'animo. Il mio album inizia con un pezzo sull'infanzia e finisce con un'improvvisazione onirica su cosa ci sarà dopo la morte. È vero, il percorso è costellato di dolori e oscurità, ma la speranza c'è sempre, la speranza è ciò che manda avanti questo circolo di morte e rinascita. E possiamo trovare la felicità e la pace anche nei momenti di profonda solitudine. Perché credo che la speranza derivi dalla consapevolezza che tutto passa, ogni dolore passa... anche se poi ne arriveranno altri, possiamo sempre trovare lo spazio per la gioia e la gratitudine. Come dico in Hope: the key of happiness is in my hand e I'm the only one with the key of happiness. Quindi nonostante l'inverno ci appaia eterno, in verità finirà e comunque è possibile trovare calore e conforto anche nei giorni più oscuri (io ho faticosamente imparato a trovarlo nella musica, nella natura e nell'introspezione).
Dunque in questo esordio cosa dobbiamo leggerci: il passato o il futuro?
Tutto sommato direi che rappresenta il passato. Mi ha permesso di elaborare tante emozioni ed esperienze che hanno fatto parte di me: l'ansia del mostrarsi per quello che si è (Insecure), l'accettazione della solitudine (Solitude), il lutto per una perdita importante (Lost), la scoperta del femminismo (Matriarchy), il cercare rifugio nella propria oscurità interiore (Darkness), la connessione con la natura (Water)... sono tante tappe del mio passato più o meno recente. Non ho costruito a tavolino questo album, in realtà è venuto spontaneo questo percorso. Dopo un anno e mezzo di sperimentazione libera (e notti insonni perchè avevo nuove canzoni che mi ronzavano in testa), mi sono ritrovata con questi 14 brani (e qualcuno in più che ho dovuto escludere) e sono stata felice di trovare una certa coerenza nel percorso, di scoprirci un senso. Mi ha fatto sorridere la prima volta che me ne sono accorta, che mi sono ritrovata con queste tappe della mia vita trasformate in esperienze musicali!
La scena fiorentina, il suo Maggio Musicale, gli studi classici e il canto lirico… tutto questo ha a che fare con la spiritualità che ti porti dentro?
Sono un'anima irrequieta e curiosa che ama approfondire e immergersi pienamente in esperienze diverse. Da questo deriva la mia sete di musica e di spiritualità. In un certo senso è tutto collegato, è tutto parte di uno stesso modo di vivere. Non mi accontento della superficie, di ciò che è facile e facilmente accessibile, ho bisogno di esplorare, di studiare continuamente, di crescere, migliorare ed evolvere sia come cantante che come essere umano. Per questo non ho mai smesso di approfondire la vocalità e il repertorio di tutte le epoche (mi sono laureata in canto lirico, specializzata in barocco e fatto un master in musica contemporanea), ho fatto esperienze corali e solistiche in tanti contesti diversi e stimolanti (tra cui il Maggio fiorentino, diretta da Muti, Mehta, Gatti ecc), sto studiando composizione al conservatorio, ho fatto lunghi ritiri di meditazione e leggo libri che mi permettono di indagare su di me e su ciò che mi circonda (soprattutto nell’ottica femminista e antispecista).
20/03/24 Intervista su MEI: "BETA LIBRE: SCURI PRESAGI, EMANCIPAZIONE, E DOLCE TRASGRESSIONE"
Benedetta Gaggioli è Beta Libre e avevamo messo in circolo “Decadence” per sincronizzarci con questa uscita. “Winter Circle” è un concentrato di zone d’ombra ma anche di luce insperata, è un modo eccentrico di cadenzare il tempo e le sue spine, è una maschera che allo stesso tempo si indossa e poi si strappa via. Quelle sfumature di new wave e di suono digitale che tanto mi richiamano la spiritualità che trovo in certe derive berlinesi. Indaghiamo oltre l’estetica delle cose:
Il gotico e la spiritualità. Ma anche l’effimero e l’eccesso… è tutto parte della stessa persona? Oppure dentro questo disco confluiscono più anime differenti?
Ho passato troppi anni a sentirmi divisa in più anime, soprattutto in due principali, rappresentate dal colore blu e da quello rosso (un concetto ripreso anche nella copertina dell’album), a sentirmi attratta da due poli apparentemente opposti e inconciliabili. Fin da bambina mi sono sentita strana, incoerente, troppo straripante di idee e curiosità per una persona o una vita sola. Adesso ho accettato questa mia essenza irrequieta e assetata di esperienze diverse, quindi sì, è tutto parte della stessa persona, sono sempre io, sia quella che parla di piacere e desiderio in Enjoy, sia quella che urla disperata in Lost e anche quella che parla dell’affinità spirituale con l’acqua in Water. Mi sento finalmente unita in un insieme poco spiegabile ma con una sua coerenza interna e sicuramente questo mio album mi ha aiutato in questo processo di elaborazione ed unione.
Da dove proviene questo modo di pensare alla musica? Quali sono le tue radici?
Non vengo da una famiglia di musicisti, ma sono stata circondata da appassionati di musica di ogni genere (da piccola mio babbo alternava vinili di Bach e Mozart a Pink Floyd e Battiato, mentre mio zio mi fece innamorare degli Smashing Pumpkins) e forse per questo ho sempre sentito il richiamo viscerale della musica. Ricordo bene quando a sette anni scrivevo canzoni per le mie amiche e quando a tredici, per la prima volta, interpretai su un palco un mio pezzo accompagnata dalla mia chitarra. Ricordo l’emozione provata ma anche il potere benefico che aveva la musica su di me, quel suo aiutarmi ad elaborare quello che provavo, a tirarlo fuori. Poi, quando ho iniziato a studiare seriamente canto lirico e mi sono confrontata con i grandi compositori del passato ho iniziato a nutrirmi di musica di ogni secolo e per anni non ho fatto altro che esplorare, dal medioevo alle avanguardie contemporanee. Vedo la musica come un mezzo potentissimo per esprimersi e comunicare, ma soprattutto come un luogo di libertà, dove non ci sono confini e limiti e io posso essere autentica in tutte le mie sfumature.
E perché l’inglese? Non hai mai pensato di tradurre tutto questo in italiano?
L’inglese mi viene spontaneo, lo sento più naturale… probabilmente per il genere che faccio e per la musica che ascolto maggiormente. L’italiano l’associo all’opera lirica e ai grandi cantautori, invece io nella mia creatività mi sento più affine a Bjork… Ho provato diverse volte a scrivere in italiano ma mi sono sentita forzata e non sono mai stata soddisfatta del risultato (perlomeno per ora, poi chissà). In più mi piacciono i testi essenziali e semplici, a volte quasi dei mantra, ripetitivi, con poche parole dense di significato, e l’inglese è più comodo, con le sue parole brevi, per questo mio uso del testo e anche per il suo suono. Forse scrivere in inglese mi fa sentire anche meno nuda e vulnerabile e allo stesso tempo mi permette di essere più accessibile a tutti, meno legata all’italianità e più internazionale.
Quando e perché Benedetta Gaggioli diventa Beta Libre? Da dove ha origine questo moniker?
Beta Libre è nata ufficialmente un anno fa, ma sento che è sempre esistita, solo che prima era sopita e adesso finalmente le ho permesso di sbocciare. È stata una scelta difficile: dare spazio e voce alla mia creatività, alla mia parte più selvaggia e folle e intensa, mostrarla al mondo invece di tenerla ben nascosta. È nata dopo anni di carriera durante i quali ho interpretato musica di ogni epoca ma sempre scritta da altri compositori, di solito maschi. Mi sentivo limitata, chiusa in cattività, privata della mia forza creatrice. È stato anche grazie alla pandemia che ho maturato questa decisione: quel periodo più lento e introspettivo mi ha fatto riflettere sui miei bisogni e mi ha fatto sgorgare fuori (spesso di notte, tra sogni e insonnia) tante parole e melodie inaspettate. Ciò che voglio adesso è racchiuso nel nome che mi sono scelta: andare al nocciolo, preservando solo le parti estreme del mio nome (beta); essere libera di esprimermi (libre); brillare di luce propria e trovare un equilibrio tra le varie parti di me (beta librae è la stella più luminosa della costellazione della bilancia che è anche il mio segno zodiacale).
14/03/24 Video intervista su Stare in Radio
Intervista con Salvatore Battaglia sul canale Youtube di Stare in Radio,
parlando del singolo Decadence e della musica di Beta Libre.
13/03/24 Recensione dell'album WINTER CIRCLE su Exitwell
Estratto:
“Winter Circle” segna un’importante svolta artistica per Benedetta Gaggioli, meglio conosciuta come Beta Libre, il suo nuovo progetto cantautorale che emerge con una personalità ben marcata dentro questo scenario sempre troppo omologato. Questo album debutta con una serie di canzoni che si presentano come un ciclo di emozioni e atmosfere, ispirato al concetto di ciclicità e cambiamento proprio delle stagioni invernali.
Fin dall’inizio, l’album cattura l’ascoltatore con la sua atmosfera a tratti oscura, a tratti infantile, che richiama l’essenza mutevole e circolare della vita stessa. L’ispirazione al ciclo di lieder di Schubert, “Winterreise”, aggiunge una profondità poetica e simbolica alle composizioni di Beta Libre, spesso ricca e colorata di rimandi alla letteratura di grandi classici della mitologia.
Una voce quella di Benedetta Gaggioli e in generale un mood che tanto deve alle trasgressioni di una Madonna più gotica o, e non poco direi, alle freddissime direzioni islandesi di molti arrangiamenti internazionali. Una voce, dicevo, che diviene più strumento che corpo narrante, diviene più mantra che melodica seduzione. Le sonorità elettroniche e oscure si fondono con momenti liturgici… perché questo primo disco di Beta Libre ha molto della solenne presenza di una liturgia.
Dunque ”Winter Circle” è un album che porta in scena l’ego e l’eccentrico, mette il vizio sotto vuoto e poi celebra l’ES come fosse un punto di approdo. È fondamentalmente libero questo lavoro, è libera Beta Libre e la libertà, oltre a non saper mai come maneggiarla, fa paura e non ha troppi punto di riferimento. Gela il sangue, combina i sogni e prende a schiaffi lussuria e sacralità.
28/02/24 Beta Libre in semifinale alla quarta edizione di "Permette Signorina"
Beta Libre convince pubblico e giuria e passa in semifinale al contest nazionale riservato a cantautrici, organizzato da Lunatika Factory & Talentoliquido
La semifinale sarà sul palco all'Alcazar (Roma) giovedì 23 maggio alle 19:30
ph. Gabriele Bocci
22/12/23 Beta Libre Live @prato
Presentazione dell'album (tutte le 14 tracce) insieme a Rick Landi in un teatro intimo e accogliente in provincia di Prato, davanti ad un pubblico attento e caloroso.
21/12/23 Esce il nuovo album: WINTER CIRCLE
Finalmente esce su tutte le piattaforme di streaming il primo album di Beta Libre.
Quattordici tracce che formano un ciclo invernale e introspettivo, un percorso metafisico e complesso.
Oscurità e luce, voci e sintetizzatori, in un connubio originale e suggestivo.
Il titolo è ispirato al famoso ciclo di lieder di Schubert (Winterreise ossia Viaggio d’inverno) ma invece di essere un viaggio, questo è un ciclo, è qualcosa di circolare e cangiante, che torna come le stagioni, come il ciclo dell’acqua e della morte e della rinascita.
"Ripercorre le tappe del mio viaggio nell’oscurità, nelle stagioni tormentate della mia vita, partendo dall’infanzia e arrivando a immaginare cosa ci sarà dopo questa esistenza."
Durante il percorso: buio e freddo, traumi e perdite, frammenti di luce e di sogni, un’incessante ricerca della felicità.
Un percorso complesso, intimo, introspettivo.
La voce è la protagonista: si moltiplica, si somma, forma incastri celestiali o dissonanti, si fonde con ciò che la circonda.
È sporca ed eterea, è il mondo emozionale con tutti i suoi contrasti.
I suoni che la accompagnano sono rozzi o morbidi, elettronici o liturgici.
A volte sono suoni della natura e percussioni rudimentali.
Il percorso dell’album attraverso i brani: il potere dell’immaginazione e la felicità dell’infanzia, ricordata con malinconia (Childhood); l’insicurezza apparsa durante l’adolescenza ma sempre presente, l’ansia e la difficoltà a mostrarsi, a interagire (Insecure); la scoperta dell’oscurità come rifugio solitario e come madre di ogni dolore (Darkness); il piacere, il desiderio di emancipazione e la scoperta dell’incontro con altri corpi e coscienze (Enjoy); la malinconia struggente dell’inverno e la musica che culla e consola (Winter); la scoperta dell’empatia e la consapevolezza del dolore che ci circonda, soprattutto quello degli animali privati della vita e della libertà (Nightmare); la realizzazione che la chiave della felicità è nelle nostre mani e che non possiamo trovare altrove la speranza per andare avanti (Hope); la potenza salvifica del femminismo e della sorellanza in risposta a oppressione e molestie (Matriarchy); la connessione con la natura e il desiderio di essere come acqua, selvaggia, resiliente e indomita (Water); la vita come sperimentazione e struggimento, continua irrequietezza e inspiegabile decadenza (Decadence); il dolore straziante della perdita di una persona cara, la sensazione di vuoto e lo straniamento (Lost); riuscire a trovare pace e felicità nella solitudine, andare in profondità e vedere il lato positivo di ogni cosa (Solitude); l’intensità degli ultimi sguardi, l’amore che cerca di sconfiggere la morte e un addio inevitabile (Turn); il caos onirico di una ipotetica realtà successiva a questa vita (Afterlife).
20/12/23 Esce il quattordicesimo singolo AFTERLIFE
Un'improvvisazione metafisica e onirica e una riflessione sulla vita dopo la morte.
È la fine di tutto ed è un nuovo inizio.
Resurrezione o reincarnazione. Nuvole e cielo. Speranza e dolore.
Una nuova vita, forse. Un specie di paradiso, forse.
Stupore e sorpresa, cambiamenti, caos e la vita che sempre ribolle.
Non ci sono certezze, ma c’è qualcosa di bello e etereo che ci aspetta e il canto del gallo che ci sveglia dal sonno profondo.
"Per me è la speranza di incontrare di nuovo chi ho perso, di continuare in qualche modo a vivere, sebbene in una forma e in un luogo diversi. È la luce e il caos di una novità sconvolgente. È vapore che avvolge, scompare e riappare."
È realizzata sommando varie tracce di improvvisazione registrate con il sintetizzatore Moog e con la voce.
14/12/23 Esce il tredicesimo singolo TURN
Un pezzo gotico e onirico su un inevitabile addio.
Ispirato alla storia di Orfeo ed Euridice, parla di un amore che cerca di sconfiggere la morte, del potere del canto e della musica, di ultimi sguardi ineluttabili e di tentativi estremi.
Rappresenta l’impossibilità di trattenere ciò che deve andare, la vita che scivola via nonostante il nostro desiderio di restare ancorati ad essa.
"Parla anche di una mia relazione passata, delle follie che ho fatto per farla resistere a tutte le difficoltà, della sofferta rassegnazione dell’addio che ho dovuto pronunciare e di quell’ultimo profondo sguardo che ci siamo scambiati.
Orfeo scende negli inferi per riprendersi la sua amata, poi si volta a guardarla e la perde per sempre. Io sono come lui, perdo coloro che amo, nonostante i miei sforzi."
È oscuro, violaceo, bluastro, pieno di sfumature cangianti.
È elettronico, pulsante e lisergico.
07/12/23 Esce il dodicesimo singolo SOLITUDE
Un pezzo intimo e delicato sulle gioie e i dolori della solitudine.
La mancanza che si trasforma in pace.
Una scelta subita e sofferta che si trasforma in dono.
La malinconia che si trasforma in gioia.
La capacità di vedere l’abbondanza anche quando ci si sente persi.
La profonda solitudine che tutto cura.
Un pezzo semplice, essenziale, ma emotivamente intenso.
"Per me è molto significativo: ho sempre bisogno di rifugiarmi in me stessa per elaborare ciò che accade, guarire e trovare la pace (come nella coda finale del pezzo)."
È celeste, giallo, avvolgente, un abbraccio dato a se stessi.
25/11/23 Esce l'undicesimo singolo LOST
Un'elegia funebre, densa di sofferenza.
Vuoto e disperazione. Sentirsi completamente persi, in un bosco gelido; il senso di disfatta e l’incapacità di vedere un senso.
Vagare, alla ricerca di chi abbiamo perso, sussurrando il suo nome, urlando la sua mancanza e supplicando di sentire ancora la sua voce.
"È il brano più doloroso del mio album, nonché l’ultimo che ho scritto e registrato mentre il mio compagno più caro era in ospedale in terapia intensiva. L’ho fatto di getto, tra lacrime, urla e momenti di invocazione e speranza. Per mesi non ho voluto riascoltarlo e cantarlo ai live è straziante (ma anche benefico)."
È un brano grigio, nero, a tratti nebbioso e a tratti ruvido e graffiante.
Ci sono influenze dei Cranberries (Daffodil Lament) e di Lingua Ignota, un po’ folk nelle strofe, molto sintetica nel ritornello, con urla disperate nella coda finale.
Rick Landi ha arrangiato e suonato alcune parti di organo e di sintetizzatore.
16/11/23 Esce il decimo singolo DECADENCE
Un brano elettronico dalle atmosfere notturne e cyberpunk, influenzato dalle
sonorità di Bjork, Ryuichi Sakamoto, e dal minimalismo di Philip Glass. Il titolo è ispirato a Tokyo Decadence, un film di Ryū Murakami.
La vita è vista come una continua sperimentazione, errare senza certezze o destinazioni, sentirsi irrequieti e allo stesso tempo incapaci di muoversi.
Un pezzo misterioso, minimale, notturno e ambiguo.
Musicalmente il pezzo è basato su una linea di basso che si ripete quasi sempre
uguale, con il sintetizzatore che varia il timbro e le sonorità a seconda delle esigenze espressive. Nel ritornello si aggiunge il piano Rhodes e una sequenza ritmica rallentata, dall’effetto strascicato. La voce è usata come uno strumento in varie parti vocalizzate che aggiungono colore all’armonia, mentre nelle strofe e nel ritornello le voci si sommano.
"Parla della lotta alla sopravvivenza quotidiana in una società rigida e apparentemente libera, in un tunnel senza scelta, in una trappola mentale forse
autocostruita. Non resta che languire e struggersi tra le domande senza risposta,
resistere, proseguire e assecondare ciò che ci appare perverso e senza senso.
Parla del mio essere selvaggia, ribelle ed errante."
Esce anche il videoclip realizzato da Chiara Carretti.
02/11/23 Esce il nono singolo WATER
Dopo la pausa estiva continua il viaggio con questo pezzo sperimentale e benefico, un inno alla natura e alla sua forza ispiratrice.
Parla dell’acqua che tutto può e tutto rappresenta. È un mantra che ricorda di fluire, di essere sempre selvaggi e indomabili. Un’affermazione di forza e di vitalità.
Un po’ new age e sperimentale, con variazioni di tempo e mood.
Segue il ciclo dell’acqua: all’inizio c’è il suono di un piccolo ruscello registrato in montagna, poi di un ruscello grande e impetuoso e di una cascata, infine c’è il suono delle onde che si infrangono dolcemente su una spiaggia di sassolini registrato sull’isola d’Elba.
È azzurro e in continuo movimento, a volte dolce e a volte frenetico.
"Per me è un brano particolarmente legato al benessere. L’ho scritto per ricordarmi che sono più forte di quello che penso, che posso sempre sentirmi libera e che l’essere selvaggia fa parte della mia natura. Vado bene così, sono abbondante e resiliente."
06/09/23 Beta Libre Live @settembrequarratino
Insieme a Rick Landi con un live coinvolgente ed elettrizzante nella piazza del gatto a Quarrata, per il festival Settembre Quarratino.
12/05/23 Esce l'ottavo singolo HOPE
Un frammento di speranza, l’incessante ricerca della felicità nell’intricato caos della vita quotidiana. La consapevolezza che, nonostante tutto, possiamo avere speranza perché la chiave della felicità è nelle nostre mani e funziona, ci apre porte di consapevolezza e gioia inattese. Ma è una lotta continua, a volte estenuante: è difficile ricordarsi che esiste il modo per godersi il presente ed essere felici, senza scoraggiarsi e perdersi nei problemi.
Influenzato dai Portishead, trip hop, musica trance ed etnica.
È un brano ipnotico, con una parte luminosa prima dell’ultimo ritornello.
È giallo, verde, con sfumature confuse.
"Rappresenta il mio disagio giornaliero nel trovare motivazione e volontà, ma anche la consapevolezza che la chiave della mia felicità è nelle mie mani e non posso trovarla altrove. Per me è stata una scoperta essenziale in questi ultimi anni e per questo ringrazio la meditazione."
21/04/23 Esce il settimo singolo NIGHTMARE
Un incubo reale, un urlo per la libertà di ogni essere senziente.
Parla dell’empatia, del sentire il dolore altrui come il proprio. Soprattutto degli animali non umani che sono privati della libertà e della propria vita.
È un brano nero e bianco, catene che stringono, mani che afferrano, cuori che battono all’unisono.
"Parla del mio sentirmi impotente e straziata. Capisco il dolore altrui, lo sento nel profondo, le loro urla sono anche le mie. Perchè tutti desideriamo la stessa cosa: la libertà."
È stato coprodotto da Rick Landi che ha realizzato la parte ritmica (tra cui il cuore pulsante all’inizio del brano) e arrangiato la parte degli archi.
31/03/23 Esce il sesto singolo MATRIARCHY
È un inno al femminismo intersezionale, un invito ad una forte presa di coscienza.
Verso una rivoluzione inclusiva, verso una società dove possiamo essere finalmente libere dal patriarcato e da tutto ciò che ne consegue.
Streghe e sorelle, sante e puttane, lupe selvagge e umane discriminate: siamo diverse ma simili e l’importante è unirci e lottare in questo mondo che ci vuole divise e nemiche.
Influenzato da Peaches, synth punk, electroclash, disturbante, dissonante.
È rosso, nero, graffiante.
"Raccoglie la mia rabbia e il mio desiderio di sorellanza. Dopo le discriminazioni e le molestie subite sento la necessità di risorgere e insorgere insieme a coloro che mi circondano. L’ho scritto per rivalsa, per sentirmi di nuovo forte e padrona della mia vita."
17/03/23 Esce il quinto singolo WINTER
Una ninnananna, un abbraccio, il conforto di cui abbiamo bisogno durante l’inverno.
Perché l’inverno è mancanza, malinconia, freddo, desolazione.
È il bianco della neve e la sua innocenza.
Sono braccia che cullano e cercano di scaldare.
È un brano ripetitivo, essenziale, dal sapore infantile. Le percussioni sono ottenute percuotendo e strofinando l’ukulele e schioccando la lingua.
"Tante volte mi sono chiesta cosa mi manca durante l’inverno: il sole, gli amori passati e persi, la speranza, la motivazione, il calore e la luce. Languisco nella mancanza e faccio fatica ad essere attiva e vivace."
03/03/23 Esce il quarto singolo ENJOY
Ballabile ed energica, sul piacere libero e condiviso, sui corpi sudati e sui desideri viscerali.
È voglia di umori, vicinanze, al di là dei limiti imposti.
Desiderio di contatti bagnati, autentici, veri.
Un’esortazione a prendere il controllo del proprio corpo e del proprio desiderio.
"Per me è una specie di rivalsa per tutte le molestie che ho subito, un'affermazione di scelta forte. Finalmente sono io a decidere, chiamare e quasi ordinare. Ho il potere di godere e di far godere."
È rosso intenso, è una mela succosa, è dance e pop ma in modo sintetico e inusuale.
È stato coprodotto da Rick Landi che ha contribuito aggiungendo la drum machine, alcune tracce di sintetizzatore e le parti percussive.
Ho pubblicato il videoclip fatto da Chiara Carretti.
17/02/23 Esce il terzo singolo DARKNESS
Un quadro gotico sull'oscurità interiore che è un caro rifugio difficile da gestire.
Parla anche del desiderio di avere compagnia perfino nei luoghi più inaccessibili del nostro essere, nella nostra intimità più nascosta.
Influenzato da Nico e dal suo album Desertshore.
È un brano ripetitivo e ipnotico, con uno sviluppo finale avvolgente e disturbante.
È ovviamente nero ma con un barlume di fiamma.
"Rappresenta il mio desiderio di accettare anche le mie parti più cupe e quello di imparare a nuotare nelle mie profondità più buie.
È anche un invito a far parte della mia oscurità e a farmi compagnia nel mio utero di lacrime e sangue. "
10/02/23 Esce il secondo singolo INSECURE
Un pezzo pop sull'insicurezza che rende ogni passo difficile, sulla paura di farsi avanti, di mostrarsi per ciò che siamo, di non essere compresi o trattati senza rispetto.
Allo stesso tempo rappresenta la paura di ferire le altre persone con i propri giudizi, di dire la parola sbagliata, consapevoli della responsabilità di ogni scelta.
È viola, grigia, nebbiosa, un po’ fastidiosa e un po’ consolante.
"È l’incertezza che mi accompagna sempre, ad ogni passo, ad ogni parola parlata o cantata. È l’ansia che mi logora, è il sentirmi diversa, strana e nuda, continuamente esposta ai giudizi altrui. È la difficoltà di impormi, di far sentire la mia voce e guardare negli occhi chi mi circonda."
27/01/23 Esce il primo singolo CHILDHOOD
La prima tappa del viaggio: una dolce passacaglia sull’infanzia, dal sapore barocco.
Incita a rimanere bambini, a guardare il mondo sempre con occhi nuovi e pieni di stupore.
Parla del potere della mente di viaggiare e creare un mondo immaginario dove tutto è possibile e colorato. Un'infanzia felice, popolata di animali amichevoli e colorati che spuntano in un bosco nebbioso. Innocente, spensierata.
È un brano avvolgente, morbido e malinconico.
È rosa, celeste, pieno di sfumature pastello e annebbiato come un ricordo.
"L'infanzia alla quale ripenso con malinconia, alla quale vorrei sempre tornare perchè mi sentivo pienamente appagata: sola, con la mia fantasia come unica compagna. Vagavo, vivevo avventure intrepide, mi immaginavo storie e le vivevo come fossero reali, cantavo sempre e ogni cosa era cangiante e mutevole."
Esce anche il videoclip realizzato da Chiara Carretti e girato in una villa abbandonata.
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